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Home » Opinioni

Caro Salvini, irridi pure il Papa, ma il tuo Cristianesimo da selfie è un insulto alla vera fede (di Lorenzo Tosa)

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31 dicembre 2019, San Pietro, Città del Vaticano, ultimo giorno dell’anno. Papa Bergoglio si concede all’abbraccio della folla. A un certo punto una donna, una pellegrina di chiare origini asiatiche, lo afferra per un braccio, lo strattona ripetutamente rischiando di farlo cadere, gli stringe con forza la mano senza mollarla.

Il Papa prova a divincolarsi una, due, tre volte, infine, visibilmente spazientito, le dà un paio di buffetti sulla mano (anche schiaffetto è troppo) e riesce a liberarsi dalla sua presa, proseguendo per la sua strada con un’espressione del viso che è un misto di rabbia, shock e delusione.

Boom! Quella scena, in breve, diventa trending topic a social unificati. Per l’intera giornata di ieri non si parla d’altro. E, come sempre accade, l’Italia si spacca in due tra chi stigmatizza il gesto e chi, invece, difende Papa Francesco.

Fin qui nulla di strano: un copione che abbiamo visto ripetersi, identico, centinaia di volte. Ma la vicenda assume contorni piuttosto interessanti se ci sforziamo di analizzare da chi sono composti davvero quei due partiti enormi, compositi ma solo in apparenza trasversali.

Non è un mero esercizio statistico ma una vera e propria analisi sociologica, che mostra, nell’attimo in cui è in atto, uno dei più grandi mutamenti sociali e antropologici registrati negli ultimi decenni.

Già perché, al contrario di qualunque logica apparente, se dovessimo tracciare con un paio di schizzi il corredo genetico di questi due grandi partiti, il quadro che emergerebbe sarebbe più o meno questo: a favore del Papa si schierano sinistra, liberali, laici, atei e agnostici, pronti a difendere Bergoglio dagli strali – più spesso da veri e propri insulti – di sedicenti cristiani, cattolici over-praticanti, quasi sempre elettori di Lega e Fratelli d’Italia, fan di Salvini e Meloni, e sovranisti convinti.

È il partito di chi sventola rosari con lo stesso fanatico fervore con cui invoca porti chiusi ed esulta quando una nave di disperati affonda nel Mediterraneo. È il partito di un leader, Matteo Salvini, che ieri pomeriggio pubblica un video di 7 secondi in cui si fa beffe del Papa imitando la scena dello strattone con tuta da sci indosso e moon-boot ai piedi, sostituendo il buffetto con una carezza alla fidanzata.

E la sua gente, invece di indignarsi per quella parodia tra il gretto e il blasfemo, scatena un’ondata d’odio nei confronti del Papa che non ha precedenti nella storia recente. Mai, prima d’ora, un politico si era spinto tanto in là da sfidare apertamente, quasi da pari a pari, la massima autorità ecclesiastica e religiosa del mondo cattolico.

E, attenzione – qui sta il cortocircuito esplosivo – non lo fa un pericoloso comunista ateo e anticlericale ma quello che dovrebbe essere il campione del cristianesimo militante, il paladino delle tradizioni cattoliche minacciate dai pericolosi invasori stranieri.

E allora diventa chiaro che qui in gioco non c’è solo un innocuo buffetto del Papa (che, poche ore dopo, si è anche scusato), ma la visione stessa del cristianesimo e del suo significato agli albori del terzo Millennio.

Da una parte c’è chi si aggrappa a una visione formale, liturgica, iper-ritualista della fede cattolica, ricordando in questo l’ortodossia teologica fanatica dei controriformisti del ‘500. Una fede fatta di simbologie (vedi il rosario e il presepe) e ritualità ostentate che appaiono sempre più vuote e distaccate dalla realtà.

Dall’altra c’è un cristianesimo fatto di olio di gomito e di sostanza, che si richiama direttamente al messaggio e gli insegnamenti più autenticamente cristiani.

È il Cristianesimo della famiglia Marcon, cattolici senza cedimenti, che, invece di andare in chiesa a pregare, ogni venerdì sera fanno visita ai senzatetto del centro di Torino per portargli un pezzo di pane e un senso di famiglia.

Sono i milioni di italiani che, ogni giorno, fanno volontariato a bordo delle pubbliche assistenze, visitano carceri, aiutano migranti e italiani senza distinzioni.

È la Chiesa di Papa Francesco, che lui stesso, esattamente un anno fa, il 2 gennaio del 2019, ha riassunto mirabilmente in poche parole di straordinaria efficacia. “Le persone che vanno in chiesa, stanno lì tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri e parlando male della gente sono uno scandalo: meglio vivere come un ateo anziché dare una contro-testimonianza dell’essere cristiani”.

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