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Il mio problema non è solo Salvini che citofona a un minorenne tunisino, ma la signora Anna Rita e il Far West bolognese in cui crede di vivere

Immagine di copertina
Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Il mio problema non è solo Matteo Salvini, che ha violato un principio di civiltà e che rischia una denuncia per ben 4 reati come ha documentato un avvocato oggi a TPI. Il mio problema è Anna Rita, la signora italiana che ha accolto il leader leghista e lo ha scortato fin davanti la casa di una famiglia tunisina che vive in un quartiere nella periferia di Bologna. Per poi esortare affinché Salvini si attaccasse brutalmente al loro citofono abusando della dimensione privata, e chiedesse loro : “È vero che qui spacciate?”. E va in scena la più vergognosa delle querelle degli ultimi mesi, la più grave, che riguarda l’ex ministro dell’Interno, uomo di Stato e che rappresenta milioni di italiani nel suolo ruolo di leader di partito.

La storia è questa: una donna, di cui non riporterò il cognome (anche se è già ampiamente circolato) al fine di evitare che si alimentino atre ritorsioni nei suoi confronti che si sono già in parte innescate, come documentato dalla nostra inviata sul campo a Bologna (le hanno sfondato i vetri della sua auto, qui le foto e il pezzo), insomma una donna accoglie Salvini nel quartiere della periferia bolognese dove vive. Il leghista è in visita a Bologna negli ultimi giorni del suo tour elettorale proprio alla vigilia del voto cruciale del 26 gennaio in Emilia Romagna.

È solo l’ultimo dei capitoli della lunga campagna elettorale in cui Salvini ha letteralmente oscurato la candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni, censurata ovunque ove possibile per limitare la sua presenza affinché il voto regionale di domenica fosse tramutato e percepito solo come nazionale. Un referendum su Salvini. Ma il fatto grave questa volta è che si sono superati i limiti della civiltà.

 

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La signora Anna Rita può avere tutti i problemi che vuole, ma proprio non può fare questo: accogliere il suo leader, il Capitano, scortarlo nel suo quartiere come stesse entrando in un luna park, in un parco giochi con diletti e fantasie horror, sussurrargli che nel suo quartiere, quello in cui lei vive, c’è un ragazzino minorenne tunisino che – secondo le voci della comunità – spaccia.

E quindi, di conseguenza, il poliziotto d’Italia – sempre Salvini – dovrebbe, insieme ad Anna Rita, al suo fianco, andare a citofonargli per chiedergli conto di questa diceria, e naturalmente sbeffeggiarlo di fronte a mezza Italia, telecamere e riflettori accesi. Del resto, inutile nasconderlo, senza il corteo del grande leader Salvini la signora non si sarebbe minimamente sognata di andare lì sotto. Perché ha tremendamente paura di andare lì sotto.

Il fatto è che è agghiacciante il pensiero che la signora Anna Rita trovi nel leader leghista un punto di riferimento privo di valori politici o culturali (basterebbero anche solo quelli politici) incentrato unicamente sulla coercizione, sulla violenza verbale, sull’abuso di potere. Questa non è politica, ma lo stato brado di una politica incentrata sull’odio. È un fatto reale duro e crudo, e dovete rendervene conto.

Di più: il fatto che la stessa signora Anna Rita si sia sentita in dovere di accogliere Salvini, scortarlo e portarlo al bancone del “tiro al piattello” per impallinare l’immigrato di turno, l’estraneo del giorno, lo straniero del villaggio è spaventoso. Questo sì, fa davvero paura. Come nelle più becere forme di razzismo, nella testa di Anna Rita il quartiere è diviso in due: ‘noi italiani, e loro stranieri’. Le liste di proscrizione. A caccia dello straniero. A caccia della paura.

No, caro Salvini, non è che sei razzista o fascista. È il messaggio che invii e alimenti con il tuo linguaggio, e il tuo modo di fare, che provocano reazioni razziste e simil-fasciste come quelle di Anna Rita.

L’inviata di TPI a Bologna Marta Vigneri ha intervistato in esclusiva la signora Anna Rita, che sostiene di essere “stata contattata direttamente dalla Lega” per avere indicazioni sugli spacciatori della zona Pilastro, e di non aver agito su sua iniziativa.

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