Un’alleanza per Roma: primarie, idee, nuova classe dirigente (di Tobia Zevi)
Si parla finalmente, di nuovo, di Roma: è un buon segno se esperti e intellettuali che studiano la città acquisiscono spazio nel dibattito pubblico. Giovedì scorso il gruppo di Mapparoma ha offerto una nuova lettura dello spazio socio-economico della città, che potrebbe essere molto utile a identificare bisogni e politiche pubbliche in relazione alle diverse necessità territoriali (hanno parlato di “sette Rome” sul “Messaggero”); l’economista Marco Simoni ha invece scritto un saggio molto interessante, sulla rivista “Il Mulino”, che ragiona – fra le altre cose – sui progetti di sviluppo locale che possono dare una vocazione chiara e identificabile alle diverse aree di Roma.
Per esempio distretti di sviluppo tematici, come potrebbero nascere a Ostiense, o attorno alla filiera dell’audiovisivo (e via proseguendo). Servono poche, ma chiare, “missioni urbane”, che tengano conto del fatto che la crisi del Covid-19 produrrà alcuni cambiamenti permanenti nell’uso dello spazio urbano e che le linee di finanziamento europee premieranno la riconversione ecologica e lo sviluppo del digitale. Purtroppo, manca ancora un dibattito nazionale degno di questo nome su quello che faremo con i soldi del Recovery Fund – ci dobbiamo rendere conto che è una cosa decisiva, della quale deve discutere un intero Paese – e, di conseguenza, manca un dibattito su come trasformeremo, innoveremo e renderemo più umane, vivibili e giuste le nostre città (mi chiedo anche se non sia arrivato il momento di far alleare i grandi centri urbani italiani perché nasca un’Agenzia nazionale per le politiche urbane).
I soldi europei non possono essere sprecati: serviranno investimenti per il rilancio dell’economia e coperture per il nuovo welfare (dovremo sostenere i redditi nelle condizioni di disagio sociale, un disagio che coinvolgerà anche una parte della classe media, in questo prossimo futuro: l’Europa darà fondi specifici per questo obiettivo). Per immaginare il futuro serve una classe dirigente nuova. Non per sterile “nuovismo”, ma perché solo una classe dirigente nuova può spezzare le catene con i vecchi interessi parassitari delle città e i micro-poteri di veto che ancora ricattano questa città. Serve un conflitto con il passato che non fa funzionare la città (i poteri stantii, pubblici o privati che siano; le rendite di potere, pubbliche e private); un conflitto con il presente che non sa governare la città (la Raggi); ma, dopo, servirà un’alleanza per il futuro da parte della nuova classe dirigente della città – politica, sociale, imprenditoriale – e il rilancio di un’amministrazione pubblica rinnovata (nessuna città può gestire la complessità urbana, sostenere la pianificazione pubblica e l’attivismo del privato, sociale e imprenditoriale, senza un’amministrazione pubblica di grande qualità).
Che c’entra tutto questo con le primarie, evocate nel titolo? C’entra, perché è di questo che dovremmo parlare nelle primarie che sceglieranno il prossimo sindaco. Mi è capitato di scriverlo recentemente, ma credo sia fondamentale ripeterlo: Roma, per me, dovrebbe già essere il luogo delle primarie permanenti, purché questo significhi discutere – per mesi! – con la città. Va fatto anche per togliere quel vecchio vizio della classe politica italiana per il quale, ogni volta, dobbiamo capire come è andata l’ultima prova di forza, l’ultimo equilibrio interno: questa volta tocca alle Regionali, senza conoscere il risultato delle quali sembra impossibile anche solo pensare di fiatare, parlare, discutere… Roma si merita di essere oggetto di discussione a prescindere. E invece rischiamo di aspettare marzo perché arrivi un nome, “IL nome” (qualcuno ricorderà Guzzanti-Veltroni alla ricerca di un nome: “Amedeo Nazzari è mortooooo”).
Vi prego, parliamo di Roma. Impediamo che le prossime scadenze scivolino via come è appena trascorso il 20 settembre, 150esimo anniversario della presa di Roma: una spruzzata di luci a Porta Pia, un paio di foto opportunity, la marcetta dei bersaglieri e tutti a casa che forse piove. Trasformiamo le primarie nel più grande dibattito pubblico sulla città di questi ultimi 20 anni; abbandoniamo le liturgie, i tatticismi, i giochetti e trasformiamo le primarie nel dialogo che ricostruisce il rapporto fra Roma (la sua società civile, l’attivismo di base) e la classe dirigente progressista e riformista di questa città. Se costruiamo le primarie come primarie delle idee, con mesi di discussione franca, sincera e nel merito, forse potremmo svolgere le migliori primarie della storia di Roma. Parliamo con la città: avremmo dovuto cominciare il 20 giugno 2016. Romani e romane, scusate il ritardo: costruiremo insieme le primarie per parlare davvero di Roma e del suo futuro. Paolo Ciani, Monica Cirinnà, Giovanni Caudo: ci siamo candidati alle primarie per governare questa città. Parliamoci, confrontiamoci: rendiamo possibile questo percorso.