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Se Roberto Angelini riceve più solidarietà della donna che l’ha denunciato per lavoro nero

Immagine di copertina
Il musicista Roberto Angelini [frame tv da "Propaganda Live"]

Ieri su Instagram Roberto Angelini, musicista di Propaganda Live, il programma di La7 condotto da Diego Bianchi e Makkox, ha spiegato di essere stato multato dalla Guardia di Finanza. Il motivo è che ha fatto lavorare in nero un’amica – definita per questo “pazza incattivita”- nel suo Sushi Bar (mica pizza e fichi) a San Lorenzo, Roma.

Il racconto era accompagnato da un autoscatto di Angelini in lacrime che ha suscitato un’ondata di solidarietà a forma di cuoricini, espressa senza se e senza ma da mezzo Olimpo della musica italiana (tra gli altri Emma, Jovanotti, Max Gazzé, Elodie). Ma in questo assolo strappalacrime ci sono troppe note stonate e nessuna voce fuori dal coro, neanche un sussurro in difesa della lavoratrice che in un paese normale dovrebbe almeno godere del beneficio del dubbio e non essere bruciata in pubblica piazza come una strega (pazza e incattivita).

Vedi cosa succede quando il palco del Primo Maggio diventa tutto fuorché il luogo in cui si parla principalmente di diritti dei lavoratori? Che si passa dai comunisti col Rolex ai comunisti con l’Uramaki in un battibaleno.

Scrive Angelini: “Questa è la faccia di un ristoratore (si, ho un ristorante) che ha appena scoperto di essere stato denunciato da un’’amica’ alla Guardia di Finanza. Dopo un anno di sacrifici […] 15 mila euro di multa per lavoro in nero. A me… Che ho avuto sempre tutti in regola e non essendo del mestiere, non avrei neanche saputo come fare”.

La prima domanda che verrebbe da porsi, non godesse Angelini di un così ampio e trasversale sostegno a scatola chiusa, è come sia possibile vedersi comminata una sanzione così alta per una manciata di giorni di lavoro in nero.

L’avvocato Bruno Laudi, dello Studio Associato di Bologna, conferma dall’alto della sua ultradecennale esperienza di giuslavorista che “evidentemente c’è qualcosa di più”. “O non erano due giorni o erano coinvolti anche altri lavoratori con posizioni non regolarizzate, oltre l’amica. Questo mi sembra sicuro”, dice. Altrimenti quella cifra non sarebbe giustificabile.

Bisognerebbe in tutti i casi capire cosa sia successo più nel dettaglio perché, prosegue, di solito funziona così: “Se è l’ispettorato del lavoro che si muove, fa un verbale, accerta il lavoro nero e te lo notifica. A quel punto il datore può opporsi, cioè tentare ad esempio di dimostrare che quello in realtà non è lavoro subordinato. Insomma, non è una Santa Inquisizione che di punto in bianco ti fa una multa e tu paghi, non è che non ci sia possibilità di difesa. Forse il punto più rilevante è che Angelini non aveva ragione di opporsi: se ci fossero stati degli elementi che poteva far valere, avrebbe potuto contestare la multa”. Ma non lo ha fatto.

Anche perché è lo stesso Angelini, sui suoi profili social, a riconoscere di aver fatto lavorare l’amica senza tutele: “Esatto, e lo giustifica dicendo di averlo fatto per farle ‘un piacere’. E quale può essere questo favore? L’unica cosa che mi viene in mente, da giuslavorista, è che questa persona magari prendeva la disoccupazione e da assunta avrebbe perso il sussidio, questo forse può essere l’unico favore che può averle fatto, però a quel punto hai partecipato ad una truffa”.

Insomma, avvocato, da qualsiasi punto la si guardi, la storia non sta in piedi? “Secondo me si è incartato. Anche perché poteva trovare delle forme diverse, senza tenerla in nero. Trattandosi di un ristorante avrebbe potuto utilizzare i contratti che sono previsti proprio per il settore del Turismo che sono contratti ad esempio a chiamata, chiami il dipendente solo quando ne hai bisogno e lo regolarizzi solo per quelle ore, anche pochissime, effettivamente lavorate. Delle forme per evitare il nerissimo ci sono”.

Eppure, a giudicare dai post, dai commenti al post e dagli articoli pubblicati da molte testate, in questa vicenda abbiamo una sola vittima e quella vittima è un datore di lavoro caritatevole tradito da un lavoratore ingrato. Se fosse un caso di stupro parleremmo di vittimizzazione secondaria, di ribaltamento dei ruoli di carnefice e oppresso.

Non solo, se Angelini non lavorasse a Propaganda Live la “pazza incattivita” sarebbe la prossima ospite di Propaganda Live: si parlerebbe dell’ipocrisia della sinistra che non si occupa più di lavoro, di un mercato ingiusto, delle compagnie tecnologiche, di padroni scellerati e di rider sfruttati. Mi fermo qui perché mi sto commovendo solo a far finta, immaginatevi dal vivo quanti lacrimoni.

E invece, come lo stesso Angelini ci spiega con una grande dose di paternalismo: “Capisco tutto, capisco le giuste lotte per riconoscere i diritti dei rider che lavorano per grandi multinazionali del delivery, ma un piccolo imprenditore cosa avrebbe potuto fare? Mi sembrava pure di fare del bene. Pensa te”.

Se avesse portato questo brano a Sanremo, temo che sarebbe stato squalificato per plagio perché è la scusa più inflazionata di tutti i tempi: ringrazia che ti ho fatto lavorare, o pretendevi, oltre al lavoro, anche dei diritti?

E tra l’altro suona pure malissimo, soprattutto se sei di sinistra e di lavoro dici cose desinistra. Un disastro, insomma. A questo punto uno che si è beccato una multa dalla GdF per sfruttamento potrebbe chiedere semplicemente il conto – fanno 15mila euro, grazie – ma invece Angelini ne ordina un altro: “Ultima cosa – conclude insaziabile di pessime figure -. Gli occhi lucidi non sono per la multa ma per il tradimento ricevuto da una presunta amica che ha mangiato e dormito a casa mia, che mi confidò che aveva bisogno di soldi e io pensai bene di aiutarla. Che stronzo che sono. Non imparerò mai”.

Un finale che fa degli Schiavi il segno più fedele dell’intero Zodiaco (loro non ti tradiscono mai, loro mangiano in una ciotola, dormono in un cantuccio senza disturbare e ringraziano pure; non si incattiviscono e non diventano pazzi). Ma il fatto è che, se non fossero sarcastiche, queste ultime due frasi sarebbero assolutamente perfette. Perché, in effetti, quando vuoi aiutare un amico in difficoltà, non lo fai in cambio del suo lavoro in nero.

Leggi anche: “Nata perché mia madre scelse di non abortire”. Cara Meloni, nel 1976 l’aborto era illegale (di Selvaggia Lucarelli)

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