Renzi incarna il populismo che lui stesso dice di volere combattere
Renzi incarna il populismo che lui stesso dice di volere combattere
Ormai non funzionano più nemmeno gli slogan, sono vecchi anche quelli, démodé come quello un po’ impacciato che pensa di essere al passo con i tempi e invece risulta terribilmente anacronistico: Matteo Renzi cerca la bomba da sganciare, ospite di Bruno Vespa (perché per lui la televisione è l’unica Camera che conta), e arriva con la proposta dell’elezione diretta del presidente del Consiglio, usando lo slogan del sindaco d’Italia che risale, ovviamente, agli anni ’90 e ai tempi del berlusconismo imperante.
Dice Renzi che bisognerebbe permettere al presidente del Consiglio di governare con serenità e senza l’impiccio della democrazia parlamentare e dei piccoli partitini e, mentre lo dice, sta in un partitino praticamente inesistente sempre pronto a rompere le scatole al presidente del Consiglio.
Farebbe ridere, se non fosse che dietro ai deliri di Renzi, ormai sempre più bolsamente innamorato di Renzi, non ci fosse una possibile crisi di governo che rischia di mettere a rischio il Paese in un momento delicato e aprire la strada alle destre.
Quando Renzi nel 2012 criticava il potere di veto dei piccoli partiti
Ma il Renzi che si augura un sindaco d’Italia che possa lavorare in pace fa volare la memoria subito al sindaco di Roma che non lavorò in pace proprio per colpa di Renzi ovvero Ignazio Marino, il sindaco di Roma che si è ritrovato a sostenere gli attacchi mica dei suoi oppositori (che ai tempi erano veramente risibili in Consiglio comunale) ma gli attacchi proprio del PD guidato al tempo dal segretario Matteo Renzi.
Provando a ricapitolare, in sostanza, Renzi si scagliava contro i piccoli partiti personali e contro quelli che se ne andavano dal Pd senza dimettersi e poi ha fatto proprio così: ha fatto fuori il suo sindaco nella capitale e ora dice di volere un presidente del Consiglio che possa governare con la tranquillità di un sindaco, invoca un governo non disturbato dai piccoli litigi di maggioranza ed è il principale sobillatore della maggioranza.
A questo punto il dubbio vero è: ma non è che Renzi non si rende conto di essere lui stesso l’esatto populismo che dice di volere combattere? Quanto ci metterà a capire che le sue uscite, già improvvide quando stava al 40 per cento, oggi risultano goffe se non addirittura comiche con un partitino al 3 per cento? E soprattutto: quanto è deciso a spingersi oltre per una campagna elettorale permanente che sta giocando sulla pelle del governo? Ai posteri l’ardua sentenza.
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