La questione palestinese e la viltà della politica
In Terra Santa è scattato il cessate il fuoco ma non ci sarà la pace. A Gaza – una prigione a cielo aperto con, probabilmente, la più alta densità abitativa al mondo – per alcuni giorni si potrà respirare ed alzare gli occhi al cielo con minor terrore. Ma la prigione resta prigione, la povertà resta povertà, le macerie crescono come i sentimenti di rivalsa di chi, recluso a casa propria, ha pianto decine di bambini assassinati dalle bombe, dall’indifferenza istituzionale e dalla viltà politica.
«Una volta furono gli ebrei a conoscere la diaspora. Vennero dispersi, cacciati dal Medio Oriente, dispersi per il mondo. Adesso sono, invece, i palestinesi. Ebbene, io affermo ancora una volta che i palestinesi hanno diritto sacrosanto ad una patria e a una terra come l’hanno avuta gli ebrei, gli israeliti». Oggigiorno è praticamente impossibile ascoltare un politico pronunciare parole del genere. Non solo. Se qualcuno lo facesse verrebbe dipinto dal sempre più ipocrita ed inutile mainstream, come facinoroso, estremista, eversivo. Eppure fu Sandro Pertini, da Presidente della Repubblica, ad utilizzare queste parole durante il messaggio alla Nazione del 1983. E andò oltre. Attaccò direttamente un ministro israeliano – probabilmente Sharon, all’epoca ministro della difesa – in merito al massacro effettuato dalle milizie delle Falangi libanesi – il partito nazionalista cristiano-maronita – di centinaia, forse migliaia di profughi palestinesi nei campi di Sabra e Shatila. La carneficina di Sabra e Shatila, definita dall’Assemblea generale dell’ONU “un atto di genocidio”, avvenne sotto gli sguardi accondiscendenti degli israeliani eppure oggi nessuno lo ricorda e chi lo fa viene trattato da eretico o, peggio ancora, da antisemita tanto per “sporcare” una sacrosanta rivendicazione politica con l’accusa puerile di razzismo. Tra l’altro anche i palestinesi, di fatto, sono semiti ma questo è un altro discorso.
Pertini era stato in Libano alcuni mesi prima ed aveva visitato i cimiteri di Sabra e Shatila. «È una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quel massacro orrendo. Il responsabile di quel massacro orrendo è ancora al governo in Israele. Va baldanzoso di questo massacro fatto. È un responsabile a cui dovrebbe essere dato il bando dalla società». Pertini non fece il nome di quel ministro ma, ripeto, credo si riferisse a Sharon. Sharon fu costretto alla dimissioni sia dall’indignazione globale e sia per la sollevazione di una parte della pubblica opinione israeliana. Tuttavia la sua carriera non venne pregiudicata. Sharon negli anni successivi divenne Ministro dell’industria, Ministro delle abitazioni, Ministro degli esteri e Primo ministro.
«Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti» disse Martin Luther King prima di essere assassinato a Memphis. Sì, il silenzio degli onesti, posto che chi tace di fronte ad un’occupazione militare a danno di una popolazione intera possa esser definito tale.
Il conformismo dilaga, così come il terrore di prendere posizione. Eppure, in Italia, vi fu un tempo in cui la Politica, nonostante storture, inganni, sperperi e ruberie, sapeva schierarsi ed esser lungimirante. Pertini prese posizione sulla questione palestinese così come Andreotti, sostenitore del dialogo con il mondo arabo. Si schierò Craxi quando sostenne, in Parlamento e da Presidente del Consiglio che la lotta armata palestinese fosse legittima seppur inutile. Si schierò Berlinguer, amico personale di Arafat, leader dell’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, quando passò una notte intera a cercare di mettersi in contatto proprio con Arafat durante l’assedio di Beirut nell’estate del 1982. Fu proprio Arafat a raccontare quell’episodio alla stampa italiana con a fianco Achille Occhetto dopo aver visitato la camera ardente di Berlinguer.
Cosa è rimasto oggi di quella stagione. Nulla, a parte le bombe sempre più intelligenti e che uccidono sempre più. Nulla, a parte un’occupazione sempre più opprimente nelle enclave palestinesi in Cisgiordania. Nulla, a parte le villette dei coloni israeliani che in barba a decine di risoluzioni dell’ONU continuano a venir su tra i fili spinati e le urla di disperazione di un popolo senza patria.
Già, la patria palestinese. Che fine ha fatto? Dove sono coloro che un tempo ne chiedevano il riconoscimento. Sono passati 38 anni da quel discorso di Pertini ed i palestinesi sono ancora senza patria ed hanno sempre meno terra.
Non esiste alcuna patria palestinese, in compenso è sempre più riconoscibile l’ipocrisia. È ipocrita chi sostiene la soluzione dei due Stati e dei due popoli senza spendere una parola sul riconoscimento dello Stato di Palestina. In Europa praticamente nessuno ha avuto il coraggio di farlo a parte il Vaticano e la Svezia, paese all’avanguardia nella lotta all’apartheid dai tempi di Olof Palme. In Italia una coltre di vigliaccheria ha coperto la politica e l’ha soffocata.
Credo che l’oblio dei diritti dei palestinesi sia coinciso con una crescente narrazione arabo-fobica che, dall’attentato alla Torri gemelle ad oggi, è servita a far ingoiare alle pubbliche opinioni occidentali – italiana inclusa – guerre di invasione mascherate da missioni di pace. Senza la narrazione dell’Islam terrorista sarebbero state ancor più impopolari le guerre in Iraq ed in Afghanistan, la deposizione violenta di Gheddafi ed il tentativo, in gran parte riuscito, di distruzione della Siria. Il terrorismo islamico è una realtà ma sono altrettanto reali i numeri. Ebbene la stragrande maggioranza delle vittime del fondamentalismo islamico (il 98%) sono cittadini musulmani.
L’islamofobia – ovvero il pregiudizio e la discriminazione del mondo musulmano (sciita o sunnita che sia) – è servita anche a cancellare dal dibattito pubblico verità storiche incontrovertibili, prima fra tutte l’esistenza di un popolo debole occupato da uno degli Stati più forti ed influenti del pianeta.
Vedere Enrico Letta, segretario di un partito che, in teoria, dovrebbe sostenere le cause dei popoli sottomessi, degli ultimi, dei “dannati della terra” per utilizzare un’espressione di Fanon, salire sull’affollatissimo palco del pensiero unico insieme a Salvini, Tajani, Boschi e Toti è stato un pugno allo stomaco per molti.
Come un pugno allo stomaco è stato constatare quanto, soprattutto in Italia, la stragrande maggioranza dei politici abbiano trattato i palestinesi da fantasmi. Sì, soprattutto in Italia. Nonostante la nostra storia.
Negli Stati Uniti, Paese che vanta un legame sentimentale con Israele, si sono alzate innumerevoli voci in dissenso. Se Biden, seppur più velatamente rispetto a Trump, ha deciso di sposare principalmente le ragioni israeliane, lo stesso non si può dire di moltissimi parlamentari democratici.
Il Senatore Bernie Sanders, idolo dei progressisti nostrani ai tempi del tycoon ha dichiarato: «Gli Stati Uniti devono condannare con forza le violenze commesse dagli estremisti alleati al governo israeliano a Gerusalemme est ed in Cisgiordania e dire chiaramente che gli sgomberi delle famiglie palestinesi devono finire». Sanders è uno dei politici statunitensi più noti. I meme con lui seduto su una sedia pieghevole mentre indossa pesanti guanti in lana all’insediamento di Biden hanno fatto il giro dei social di mezzo mondo. Ebbene proprio ieri Sanders ha presentato in Senato una risoluzione per bloccare la vendita di 735 milioni di dollari di armi ad Israele ma non mi pare che la stampa nostrana ne abbia dato risalto.
Rashida Tlaib, prima donna musulmana eletta al Congresso USA nello Stato del Michigan ha tirato in ballo il Segretario di Stato Blinken: «gli Stati Uniti quando condanneranno la violenza razzista contro i palestinesi? È la tua politica sostenere i coloni che rubano le case dei palestinesi e bruciano le loro terre? Miliardi di dollari dei contribuenti statunitensi sostengono il governo razzista di Netanyahu e lo stato di apartheid che impongono ogni giorno». Anche Alexandria Ocasio-Cortez, nuovo prodigio della politica statunitense (8,8 milioni di follower su Instagram) ha definito Israele uno Stato che pratica apartheid. Lo stesso ha fatto B’telem, un’organizzazione israeliana che si occupa di diritti umani e l’ONG Human Rights Watch la quale, in un rapporto chiamato “Una soglia varcata” parla apertamente di crimini di persecuzione a danno del popolo palestinese.
I rapporti di HRW sulle violazioni dei diritti umani in Cina o Russia hanno, giustamente, trovato grande spazio sui giornali italiani. Lo stesso non si può dire di “Una soglia varcata” e delle accuse alla politica xenofoba israeliana.
Amnesty International è una delle organizzazioni che si occupano della difesa dei diritti umani più conosciute al mondo. Gli striscioni “Verità per Giulio Regeni” firmati Amnesty International sono affissi, grazie a Dio, in centinaia di palazzi municipali italiani. Evidentemente Amnesty è un’organizzazione autorevole quando si occupa dell’assassinio del povero Giulio ma lo è molto meno se osa prendere posizione a sostegno dei diritti palestinesi.
«Le autorità israeliane devono porre fine alle violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati» ha affermato l’organizzazione. Peccato che in pochi abbiano letto tale presa di posizione.
Un tempo, forse ingenuamente, ritenevo l’onestà la qualità più importante per un politico. Oggi non la penso più così. L’onestà è un pre-requisito mentre il coraggio è la caratteristica che fa di un politicante un vero Politico.
In Lettera a una professoressa Don Lorenzo Milani scrisse: «Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali». L’equidistanza, soprattutto in presenza di un popolo palesemente oppresso, non è affatto un valore. L’equidistanza odora di indifferenza, di pavidità, di carrierismo.
Oggi a Gaza non arriveranno missili e bombe devastanti e da Gaza non partiranno razzi. Ma i cumuli di macerie sono più alti di prima. Nelle vie di una prigione a cielo aperto dimenticata quando non si spara e nelle coscienze di politici codardi i quali, disinteressandosi delle tragedie si disinteressano, di fatto, della Politica.