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Quarto Grado, la trasmissione Mediaset in bilico tra derive “trashcomiche” e giustizialismo

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La “rubrica di approfondimento giornalistico su alcuni dei gialli irrisolti della cronaca più recente” (così si legge sul sito di Mediaset Play alla pagina di presentazione) va in onda il venerdì sera in prima serata su Rete 4 e ufficialmente si occupa di cronaca nera, anzi nerissima raccontando delitti efferati, storie tragiche se non agghiaccianti, serial killer ecc…insomma, argomenti che non si presterebbero ad una trattazione “leggera”, eppure, se si va ad analizzare il “plot” ovvero l’intelaiatura di ogni puntata, troveremo sempre o quasi degli “artifizi” per così dire, sapientemente utilizzati per coinvolgere il pubblico a casa, diviso tra chi avanza suggerimenti su come risolvere i casi e chi, (fortunatamente) più distaccato, si limita a commentare sui social e si diverte pure grazie a tormentoni, personaggi e circostanze che di nero hanno ben poco.

Il primo da citare naturalmente è il padrone di casa, il conduttore Gianluigi Nuzzi: faccia squadrata, aria decisa e utilizzo ad abundantiam dell’intercalare “amici e amiche” (un’eco di Mike Bongiorno?) mescolato a qualche impappinatura (celebre il “colpo di SCEMA” diventato un meme virale) a cui seguono commenti divertiti su Twitter, social su cui la trasmissione il venerdì è immancabilmente in tendenza; per carità, giusto comunicare empatia per fidelizzare gli spettatori ma perché in caso di ospite di genere femminile che ha avuto figli (dai due mesi ai cinquant’anni) IMMANCABILMENTE Nuzzi si rivolge alla signora facendo precedere al nome l’appellativo, per così dire, che caratterizza la fecondità, passata o presente e quindi vai di mamma Marina, mamma Concetta, mamma Ester? L’essere donna si esaurisce tutto in solo un appellativo? Il fastidio per questa abitudine è stato evidenziato sui social da parecchi spettatori eppure il conduttore almeno su questo punto non sembra intenzionato a cambiare.

Intorno a Nuzzi si muove un gruppo nutrito di ospiti fissi, specialisti e/o opinionisti a cui è assegnato un ruolo: alcuni si limitano ad esprimere pareri tecnici relativi alla propria materia come lo psichiatra Picozzi e l’ex comandante dei Ris Garofano, altri invece sono più “caratterizzati” come lo psichiatra e criminologo Meluzzi, teorizzatore di ipotesi complesse espresse con un linguaggio talora ermetico e il giornalista Carmelo Abbate che sembra applicare la filosofia di Nanni Moretti esposta in una famosa sequenza di “Caro Diario”…ricordate? Anche se non lo dice apertamente lui sarà (quasi) sempre con la minoranza, a volte con esiti imprevisti come qualche anno fa quando, nel pieno delle udienze del processo a carico di Massimo Bossetti improvvisamente nel corso di una puntata dedicata alla vicenda si spinse ad affermare che se non avessero concesso la perizia sul Dna all’attuale condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio lui sarebbe diventato un suo strenuo difensore… la perizia come noto non è stata concessa, Abbate è fermamente convinto della colpevolezza del carpentiere di Mapello e su quella affermazione è calata una cortina di silenzio molto spessa.

Non può mancare un parterre femminile (perché una visione femminile serve sempre? Perché una quota rosa in un programma di gialli non può mancare? Chissà) quindi ecco la co-conduttrice Alessandra Viero (in realtà più una spalla che si limita ad introdurre degli spazi determinati con poche battute), l’opinionista Sabrina Scampini, la caporedattrice che ha uno spazio di consigli di lettura fin giù ai semi ospiti fissi come “il decano dei giornalisti” Giangavino Sulas (i cui toni battaglieri a volte eccessivi sui social vengono evidenziati con un sottofondo di affettuosa ironia) e il giornalista Marco Oliva che, chissà perché, sfoggia sempre lo stesso look costituito da camicia bianca e bretelle in un vago sapore retrò vagamente anni 50 (manca solo il sigaro, peccato non si possa esibire nemmeno per finta).

Un discorso a parte merita poi la squadra dei collaboratori del programma, in gran parte in vista durante la diretta della puntata sia perché essa stessa generatrice di “personaggi caratteristici” (come l’inviato Giorgio Sturlese Tosi, quasi sempre in esterna ovunque ci sia un fatto deputato degno di rilievo e con qualunque condizione climatica e Sebastiana Cutugno, i cui grandi occhi blu debitamente ripresi in ogni puntata raccolgono più di un fan) sia in quanto sono le varie Sebastiana Cutugno e Francesca Carollo che leggono in diretta i messaggi che gli spettatori inviano a mezzo social per commentare i casi della puntata se non avanzare consigli e suggerimenti… tuttavia, leggere i suggerimenti per questo o quel caso di investigatori in pectore che si firmano su Messenger o Twitter  Marmottina44 o Panterina76 non depone esattamente per affidabilità delle fonti, diciamo.

La trasmissione infine – e questo a parere di chi scrive è grave in termini di dovere di informazione sia pure mista ad intrattenimento – si distingue per giustizialismo feroce “titilla pance” quando si affrontano vicende i cui protagonisti per caratteristiche proprie non riescono a rendersi accattivanti nei confronti dell’opinione pubblica. Il pensiero va al caso di Antonio Logli, condannato per l’omicidio della moglie Roberta Ragusa e odiatissimo per il suo atteggiamento distaccato che ad un certo punto ha cercato di correggere concedendo varie interviste in esclusiva alla trasmissione (senza esito, i primi anni di chiusura ne hanno decretato l’ostilità imperitura “del popolo”) e soprattutto al “clan Ciontoli” sul quale, al di là delle indubbie responsabilità nella vicenda che ha visto vittima il povero Marco Vannini, si è abbattuta una persecuzione mediatica e un odio che lasciano sgomenti; su questa vicenda non è possibile avere una posizione “razionale”, è concesso solo concordare sulla rabbia da dimostrare nei confronti di Antonio Ciontoli, della sua famiglia e della fidanzata del figlio pena l’accusa di “fiancheggiamento”.

Pertanto, non si contano i servizi con appostamenti, promesse di nuove rivelazioni, riproposizione in loop delle dichiarazioni improvvide di Antonio Ciontoli e della figlia… insomma, tutto quello che può alimentare il disprezzo se non peggio viene periodicamente riproposto nel plauso generale del pubblico a casa (che si esprime da par suo e non viene mai stigmatizzato per i toni a volte troppo accesi) e dei partecipanti in studio (persino Abbate, convintissimo contro tutto e tutti dell’innocenza di Antonio Logli, nell’occasione ritorna conformista e si accoda all’andazzo generale). Intendiamoci, “sparare” (metaforicamente) sui Ciontoli è diventato uno sport nazionale e un tratto distintivo anche di trasmissioni Rai, tuttavia qui si parla di Mediaset, rete che appartiene ad un signore che del garantismo ha fatto una battaglia. O no?

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