Ma quali tecnici, la decisione di ridurre le tasse ai più ricchi è una chiara scelta politica
Ora lo dice anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio: la riforma fiscale porterà a una riduzione media del prelievo per 27,8 milioni di contribuenti pari a 264 euro l’anno. Ma sarà maggiore per i redditi medio alti (quelli tra 42 e 54mila euro): 765 euro. Il 20% delle famiglie più povere è sostanzialmente escluso dai benefici per effetto dell’incapienza fiscale.
Un documento che attestasse ciò che dicevano già tutte le proiezioni serviva solo a chi insiste nel considerare la politica una fede, a chi considera il proprio presidente del Consiglio un demiurgo e a chi è abituato a fingersi competente comodamente cullato dalla distrazione generale.
Lo scorso 22 dicembre il presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa, rispondendo a un giornalista de Il Fatto Quotidiano proprio sull’iniquità della riforma fiscale, ha seraficamente risposto che quell’illazione fosse «falsa» (testuale) spigando che «in termini percentuali, i maggiori benefici si concentrano sui lavoratori con 15mila euro di reddito».
Mario Draghi ha detto il falso. E l’ha detto confidando sulla confusione che si crea nella somma dei risparmi Irpef con quelli legati alla decontribuzione una tantum ma anche in questo caso l’Ufficio Parlamentare del Bilancio (si badi bene, mica un giornale ritenuto “ostile”) ci fa sapere che i dirigenti avranno una riduzione media di imposta di circa 368 euro, oltre il doppio rispetto a quella prevista per gli operai che si ferma a 162 euro.
Del resto il quadro era chiarissimo dalle tabelle del Tesoro che non sono mai state pubblicate nonostante siano passate nelle mani di alcune testate giornalistiche “amiche”.
Al di là dei numeri però c’è un dato politico che vale la pena sottolineare: Draghi non ha solo ripetuto in conferenza stampa una propaganda (tra l’altro permettendosi di irridere un giornalista che gli aveva posto una domanda fondata) ma negando ciò che era sotto gli occhi di tutti ha sostanzialmente deriso la manifestazione dei sindacati e dei lavoratori che proprio sulla riforma fiscale avevano avanzato le proprie critiche.
Un presidente del Consiglio che in conferenza stampa dichiara che i maggiori sindacati del Paese siano scesi in piazza con migliaia di lavoratori per una questione che non esiste (e che invece oggi viene un’altra volta certificata) è la fotografia esatta della volontà e della capacità di dialogare con i corpi intermedi del Paese ed è una chiara direzione politica. Altro che tecnici.
Un governo è libero di favorire un ceto rispetto un altro. Non dovrebbe provare a nascondersi dietro fragili ipocrisie. E sarebbe il caso di sentire cosa ne pensano tutti i partiti che ne fanno parte.