Il prezzo della libertà sui nostri corpi (di F. Di Martino)
Qualche settimana fa, tramite la piattaforma che gestisco “IVG, ho abortito e sto benissimo”, sono stata contatta da una ragazza che voleva condividere la sua esperienza abortiva. Mi ha raccontato che prima di rivolgersi alla pagina per cercare informazioni sulla pratica di aborto farmacologico, era incappata su “Forum alfemminile”, dopo aver individuato alcuni topic su tematiche affini. La ricerca della giovane, purtroppo, è simile a quella di tantissime altre donne che quotidianamente si trovano a dover affrontare una interruzione volontaria di gravidanza senza ricevere informazioni complete sulle procedure e prive di una adeguata assistenza.
Nonostante la richiesta della ragazza fosse esclusivamente quella di ottenere informazioni da parte di chi aveva vissuto la medesima esperienza, la giovane si è trovata a ricevere messaggi – prima pubblici e poi privati – da parte di utenti che, a turno, la invitavano a desistere dalla sua scelta di abortire, indirizzandola verso gruppi pro-vita di cui fornivano accuratamente tutti i riferimenti, dal sito internet al numero verde.
In altri messaggi la pratica abortiva veniva descritta (da utenti che si identificavano come uomini) come estremamente dolorosa, alimentando così paura e disinformazione. Un terzo caso, ben più grave, è stato quello di chi, ipotizzando che alla base della scelta ci fosse una motivazione di tipo economico, sottolineava come i suddetti movimenti si occupassero di coprire spese come affitto o bollette, almeno fino alla nascita del bambino e si proponeva di effettuare una ricarica telefonica, in quel preciso istante, pur di scongiurare la libera scelta della donna.
In seguito a questa segnalazione ho effettuato l’iscrizione al forum attraverso due profili, con l’intento di chiedere informazioni, prevalentemente di natura pratica. Come molte persone che mi scrivono ogni giorno, ho provato a tradurre in quelle richieste il bisogno di rassicurazioni e informazioni corrette per poter affrontare l’aborto al meglio.
Anche in questo caso, sono stata contattata dalle stesse persone che hanno ripetuto il precedente copione. In un messaggio – identico a quello inviato alla ragazza che mi ha contattata – un utente mi ha raccontato della sua fantomatica esperienza, in cui la scelta di abortire era spinta unicamente da “instabilità e mancanza di coraggio”. Alla fine, la decisione di interrompere la gravidanza avrebbe portato questa persona a sentire la sua vita come “finita”, passando ogni giorno a immaginare il volto di questo ipotetico bambino. Alla fine della conversazione mi è stato immancabilmente fornito il contatto dello stesso gruppo antiabortista suggerito alla prima vittima, invitandomi “a non ascoltare la paura e gli ormoni”, ma a farmi aiutare da questa associazione che si sarebbe occupata di fornirmi soldi, vestiti, sovvenzioni e baby sitter.
Anche nel mio caso, dopo avermi prospettato dolori lancinanti e rischi vari per la salute, le stesse persone hanno cercato di comprendere (senza che nessuno glielo avesse chiesto), le ragioni della scelta, provando a chiedere di me e della mia famiglia, in un approccio all’apparenza estremamente confortevole e accogliente, che aveva invece lo scopo di creare un legame intimo e confidenziale, necessario per una maggiore apertura.
Anche in questo caso, mi è stato consigliato di chiamare il medesimo centro antiabortista, sempre tramite gli stessi contatti, il tutto corredato da intenzioni di preghiera nei miei confronti e in quello che hanno a più riprese definito come “il mio bambino”. Per molti giorni sono stata subissata di messaggi, per sapere come stessi, cosa avessi deciso, se mi fossi decisa a chiamare i numeri che mi avevano indicato.
Se da un lato mi veniva ripetuto che nessuno era lì per giudicare o condizionare le mie scelte, e che in fondo lo sapevano “che ero una brava ragazza”, dall’altro venivo continuamente invitata a mettere in discussione la mia scelta. Non hanno mai smesso di indirizzarmi verso i centri di aiuto alla vita, dove avrei ricevuto sovvenzioni, da parte loro e dello Stato, con la possibilità di ricevere il reddito di cittadinanza, o un’occupazione.
Anche nel mio caso, come prova dell’interesse reale verso la mia causa, mi è stato chiesto di fornire il numero di una carta ricaricabile, per dimostrarmi che “loro”, (nonostante a scrivermi fosse il singolo, lo faceva continuamente al plurale), mi potevano aiutare per davvero.
All’avvicinarsi dell’ipotetica scadenza di quello che sarebbe dovuto essere il mio aborto, i messaggi hanno cominciato a farsi sempre più insistenti, e gli inviti a non presentarmi in ospedale maggiormente incessanti, sfoderando tutte le armi a disposizione.
Quando la comprensione delle ragioni non ha ottenuto il risultato sperato, si è passati alla disinformazione, al terrorismo psicologico e alle storie strappalacrime di donne che, alternativamente, o avevano abortito non superando il dramma, oppure avevano scelto di proseguire la gravidanza per poi ritrovarsi magicamente oggi, a vivere “in un appartamento da 300mila euro con casa al mare e suv nuovo”. Non basta nemmeno questa mossa? Lo step successivo riguardava gli aiuti economici, per arrivare infine all’immancabile senso di colpa, quello per cui “se non avrai rivalutato la tua decisione, oggi potrebbe essere l’ultimo giorno di vita di tuo figlio”.
In tutto questo carteggio martellante, dopo l’ennesimo invito a contattare numeri di telefono o addirittura poter parlare con “amiche” di un centro di aiuto alla vita, una frase che mi è stata scritta continua a risuonarmi nella testa ancora oggi mentre scrivo questo articolo: “dai, dai, dai che ce la facciamo!”. Chi dovrebbe farcela? E a fare cosa? Come sono passata, in quei giorni, dal chiedere delle banali informazioni su una pratica sanitaria che investiva il mio corpo, a far parte di un “noi” che non avevo chiesto?
Questo meccanismo, che potremmo inquadrare all’interno di un sistema seriale ben congegnato e definito, evidentemente prevede che le stesse persone monitorino tutti i topic di un forum, in cui si parla di aborto, per avviare le loro azioni di convincimento.
Purtroppo, si tratta una deriva molto pericolosa, perché in un momento di paura e vulnerabilità, moltissime ragazze potrebbero trovarsi in difficoltà di fronte a questa insistenza, che ancora una volta mette in evidenza due elementi fondamentali: il primo sono le evidenti carenze dello Stato e delle Istituzioni, che costringono migliaia di donne a cercare informazioni nel mare magnum di Internet perché non si è in grado di fornirle nei luoghi deputati, che dovrebbero essere quelli della salute pubblica. Questi forum, in molti casi, rappresentano infatti l’ultima spiaggia per fuoriuscire dalla solitudine, cercare una parola di conforto e qualche rassicurazione.
Il secondo elemento, strettamente interconnesso al primo, è quello che vede noi donne ridotte unicamente al mero finalismo riproduttivo; non conta la nostra autodeterminazione, la legittimità delle scelte e della nostra volontà, perché siamo trattate alla stregua di incubatrici che hanno come unico scopo quello di procreare. A niente valgono il nostro desiderio e il limite che non dovrebbe essere valicabile, quello del nostro corpo, di fronte alla possibilità di proseguire una gravidanza, costi quel costi, è il caso di dirlo. Ce lo ricordano ogni giorno le violente politiche regionali e nazionali per contrastare il diritto di aborto.
Ce lo ricordano le percentuali elevatissime di personale medico e sanitario obiettore che costringe migliaia di donne a migrazioni intra ed extra regionali solo per poter accedere a una pratica che tecnicamente dovrebbe essere garantita da una legge dello Stato. Ce lo ricorda la società, che alimenta il violento stigma della colpa e della vergogna, relegando i nostri vissuti e i nostri aborti a mero silenzio.
E allora, l’invito a chi gestisce degli spazi come i forum, che in molti casi sono l’ultima spiaggia a cui le persone si rivolgono per poter trovare un luogo in cui avere uno scambio e un conforto, è quello di monitorare costantemente ciò che accade (seppur non abbiamo alcuna responsabilità legata all’episodio) perché non possiamo tollerare la violenza di azioni come queste.
Alle persone che a questi forum si rivolgono, l’invito a fare attenzione ai messaggi che ricevete, ricordandovi sempre che non c’è nulla di sbagliato in voi o nelle vostre scelte, e che nessuno può arrogarsi il diritto di condizionare o vincolare la vostra libertà autodeterminativa. Segnalate sempre quello che accade per cercare di rendere tutti gli spazi, soprattutto quelli dei social network, dei luoghi in cui sentirsi sicuri e accolti.
“Io ci sono stata male ma se trovano delle ragazze più fragili finisce che una persona impazzisce e cambia idea contro la sua volontà”. Con queste parole, che sono quelle della persona da cui tutto è partito, e che ringrazio per la forza e il coraggio tali da permettere uno scorcio su questa triste realtà, ripartiamo, come ogni giorno, per continuare a costruire strade e percorsi in cui le persone si possano finalmente sentire libere di scegliere sul proprio corpo e per la propria vita.