Sempre più polarizzati: nel mondo non c’è spazio per le sfumature (di S. Mentana)
Se volessimo dare al tempo che c’è dato di vivere un nome sulla falsa riga delle età degli uomini primitivi, non sarebbe sbagliato chiamare quest’epoca “età della velocità”. Il mondo connesso di oggi è veloce, in pochi secondi possiamo avere risposte sui temi più disparati, in pochi giorni possiamo ricevere in casa oggetti fabbricati all’altro capo del mondo. Anche le nostre opinioni nascono e cambiano con immensa rapidità, favorendo così quelle più semplici e polarizzanti e lasciando perdere tutte le sfumature e le complessità che vi sono nel mezzo.
La società iper-veloce in cui viviamo è profondamente nemica dell’approfondimento: o sei un fan Trump o lo detesti, o sei buonista o sei razzista, o sei élite o sei populista. Non sembra esistere spazio per opinioni intermedie, basta farsi un giro su una qualsiasi discussione sui social network: non si ha il tempo di ascoltare, non si ha il tempo di leggere, non si ha il tempo di approfondire. Per esprimere la propria opinione rimane solo un hashtag, e con esso un giudizio politico per forza di cose lapidario.
Molti studi e analisi hanno notato come i social abbiano contribuito a una polarizzazione politica sempre più netta. Uno studio del PEW Research Institute ha mostrato come negli Stati Uniti tra il 1994 e il 2017 le posizioni politiche si siano sempre più radicalizzate e polarizzate nell’elettorato americano, un fatto avvenuto esattamente nel periodo in cui la società, tramite lo sviluppo tecnologico, ha reso i suoi ritmi sempre più rapidi, e in cui la nascita e crescita dei social network ha portato a un confronto virtuale più serrato tra gli utenti e più diretto con i politici e le celebrità, mettendo da parte un filtro che fino a pochi anni fa era rappresentato quasi esclusivamente dalla stampa. Pensiamo a come una frase come “spaventa i moderati”, che ha accompagnato per anni la politica italiana, sia divenuta desueta. Oggi più l’idea è polarizzante, più sembra avere successo.
E’ possibile oggi, ad esempio, non essere salviniani ma sposare la sua linea sull’immigrazione? E’ possibile essere critici verso l’Unione europea senza essere automaticamente tacciati di essere di estrema destra? Possibile è possibile, ma richiede talvolta una complessità nella spiegazione che non sempre viene favorita dai modelli di comunicazione di oggi. E che lascia spaesata tutta quella fetta di persone che hanno opinioni che escono dagli schemi.
L’opinione, e non solo in politica, si rischia di trasformare in qualcosa da consumare, limitandosi a una scelta tra un numero limitato di pacchetti standard bloccati che non permettono molte variazioni. E che sono sempre più polarizzati tra loro, attraverso mezzi comunicativi che favoriscono un approccio da tifosi rispetto a quello degli osservatori, favorendo un supporto acritico al proprio beniamino del momento e una reazione istintiva avversa alla fazione opposta attraverso semplici azioni come un clic e un messaggio rapido.
E in questo clima, che già di per sé ha i suoi problemi, ciò che viene meno è la complessità, la sfumatura, ovvero ciò che rende ciascuna cosa unica, diversa dall’ombra proiettata nella caverna di platonica memoria. Ma come il mito insegna, se si esce dalla caverna poi si finisce per passare per pazzi.