Il Pd non conosce più il suo mondo e ciò che dovrebbe rappresentare: così la sinistra ha perso il contatto con la realtà (di C. Geloni)
Che abbaglio collettivo, l’agenda Draghi. Che errore clamoroso, ora che tutti i partiti che non l’hanno sostenuta o l’hanno mollata – perfino Fratoianni – centrano i loro obiettivi, il Pd si lecca le ferite. Che distanza siderale dalla realtà della vita della gente aver impostato la campagna elettorale del principale partito della sinistra sull’eredità di un governo “senza formula politica”. Che straniamento quei comizi impostati sull’invettiva contro i “cattivi” che lo avevano fatto cadere, messi tutti sullo stesso piano, gli avversari di sempre e gli alleati fino al giorno prima.
Ma questo scollamento dal mondo reale non è solo colpa del Pd, si dirà. Vero. Il problema infatti è più grave: è l’assoluta e strutturale mancanza di autonomia culturale del Pd da giornali, establishment e poteri economici, complici non innocenti e non disinteressati di un’ubriacatura che li ha portati ai limiti della disonestà intellettuale nel racconto della realtà, e spesso oltre.
È la mancanza di autonomia di una politica senza soldi – fatto che è conseguenza di scelte precise – prima ancora che senza idee, che diventa primum vivere e incapacità di decidere. È questo il cuore del problema di una sinistra che non conosce più il suo mondo e ciò che rappresenta o dovrebbe rappresentare, perché le sue priorità, le sue necessità, sono altre.
Se si fosse presentata l’alleanza giallorossa i voti di Pd e 5 Stelle non si sarebbero sommati, diranno adesso. “La politica non è matematica”, certo. Ma è proprio questo il motivo per cui un’alleanza giallorossa avrebbe preso di più della somma di sinistra e grillini, perché sarebbe stata in partita per la sfida alla destra. Una partita in cui il Pd non è mai entrato. Un vero voto utile, non quello invocato retoricamente e in modo bugiardo nelle ultime disperate settimane.
Ma c’è di più: un’alleanza giallorossa sarebbe stata il vero fatto nuovo della campagna elettorale. E non serve spiegare quanto gli italiani avessero voglia di una proposta nuova, a costo di acconciarsi a credere alla favola della “novità” Meloni, che stravince ma non sfonda. 26 per cento, per dire, è un punto in più di Bersani nel 2013, nonché – stante l’affluenza – molti voti in meno. A proposito, quel 25 per cento alle politiche, considerato una sconfitta, la sinistra come previsto continuerà a sognarselo ancora per un bel po’.
Ma l’alleanza giallorossa andava fatta prima: prima di consegnare il Conte 2 alla damnatio memoriae dell’establishment, prima di schiacciare il Pd su un draghismo caricaturale e privo di prospettiva, salvo farsi soffiare (da un’area centrista vanamente e goffamente corteggiata) perfino la palma del draghismo più draghiano.
Sarebbe servito scegliere. Scegli, avrebbe dovuto dire il Pd. A se stesso, però.