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Un’alternativa credibile alla destra è possibile (di G. Gambino)

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Se è vero, come abbiamo più volte ricordato, che il centrosinistra avrebbe dovuto correre unito alle elezioni politiche del 25 settembre scorso, non è altrettanto chiaro perché dovrebbe correre diviso nel Lazio alle imminenti elezioni regionali.

La storia non serve a nulla, se non a ricordarci chi siamo. E per questo fanno sorridere le dichiarazioni degli aspiranti segretari democratici quando sostengono, con convinzione, di voler restituire un’identità al Partito democratico.

Ma in questo caso, diversamente dal voto politico dello scorso autunno, la responsabilità non è attribuibile solo ai dem. C’entra anche una certa ottusità da parte di tutte le altre forze politiche, 5s in testa, che non hanno voluto saperne di scendere a compromessi con il Pd nella ricerca, certo difficoltosa ma non per questo impossibile, di un candidato all’altezza di quello del centrodestra, Francesco Rocca, scaricato in questi giorni persino dal fratello.

L’harakiri continua e continuerà lento e prolungato finché non avverrà una convergenza politica tra le due forze che devono necessariamente tornare a parlarsi. Perché nel caso di Giuseppe Conte il risultato del M5S alle regionali nel Lazio potrà forse essere soddisfacente, superando magari l’inaspettato dato (in calo) ottenuto alle politiche, ma la conseguenza sarà quella di aver “consegnato” la Regione della capitale italiana nelle mani della destra per la propria indisponibilità politica a trovare una formula d’alleanza con il Pd.

Viceversa nel caso dei dem, privi di un segretario in attesa del Congresso, il fatto di aver tentato fino all’ultimo di offrire una sponda ai 5s non può essere una condizione sufficiente per convincersi di aver espiato la grave colpa di averli fatti fuori alle politiche nel nome del banchiere Mario Draghi.

Eppure altrove, come ad esempio in Lombardia, l’alleanza Pd-5s ha retto e regge. Si è imposta nel nome della strategia politica, della mera utilità, di una sana necessità competitiva. Una conferma del fatto che il “capriccio” del Lazio rischia di essere solo e unicamente un ulteriore regalo alla destra.

Cosa fare, dunque? In primo luogo elaborare un’alternativa alla Meloni che rimetta in campo un progetto politico fatto di donne e uomini, possibilmente accomunati da un’unica idea e non da cento idee diverse (o peggio dal potere e dall’auto-conservazione), in grado di restituire agli elettori di sinistra la speranza di poter combattere e vincere. Sapendo che già oggi, anche se divisi, sono numericamente in maggioranza rispetto a quelli che votano centrodestra.

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