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Il caso Ocean Viking ci dice 4 cose della nuova politica dell’Italia sull’immigrazione (e del flop di Salvini)

Immagine di copertina
Il disegno di un bambino soccorso dalla Ocean Viking nell'agosto 2019. Credit: Anne CHAON / AFP

Ecco cosa è davvero cambiato (e cosa no) non solo a livello italiano e governativo, ma anche a livello europeo

Ocean Viking: il caso ci dice 4 cose sulla nuova politica dell’Italia sull’immigrazione

A distanza di sei giorni dal primo soccorso, nella mattina di oggi, sabato 14 settembre, il Ministero dell’Interno italiano guidato da Luciana Lamorgese ha finalmente assegnato il porto sicuro di Lampedusa alla nave Ocean Viking delle ong Msf e Sos Mediterranée, battente bandiera norvegese, con a bordo 82 naufraghi, tra cui anche numerose donne e parecchi bambini.

È l’epilogo più atteso e una sorta di prova generale del nuovo approccio da parte del nuovo governo giallorosso nei confronti delle ong e, più in generale, sul tema, quello dell’immigrazione, più delicato ed esplosivo degli ultimi anni. E ci racconta, più e meglio di ogni parola, cos’è davvero cambiato (e cosa no) non solo a livello italiano e governativo, ma anche a livello europeo.

L’Italia e l’immigrazione: 4 cose nuove

1) La Ocean Viking è, di fatto, la prima nave di soccorso a cui l’Italia ha aperto un proprio porto, disapplicando il Decreto Sicurezza Bis che ne impedisce persino l’ingresso in acque territoriali. Comunque la si pensi, si tratta di un punto di rottura evidente rispetto alle politiche dei “porti chiusi” e della criminalizzazione delle ong tenute per quasi un anno e mezzo da Lega e 5 Stelle a braccetto, senza distinzioni.

2) È altrettanto vero che il via libera allo sbarco è avvenuto dopo sei giorni di trattative e tavoli europei. Sei giorni nei quali gli 82 migranti sono rimasti in balia del mare e privi di un approdo sicuro, in attesa che la politica decidesse la loro sorte. Non passa – a differenza di quello che in molti si attendevano – la tesi per cui prima si mettono in salvo gli esseri umani, e poi si tratta.

Insomma, accoglienza e discontinuità sì, ma sino a un certo punto. E, in questo atteggiamento, non è difficile leggere i timori tanto del Movimento 5 Stelle quanto del Pd di mostrarsi troppo accondiscendenti sul tema, in un Paese che ha cambiato colore di governo, ma che, all’infuori di Palazzo Chigi resta a larghissima maggioranza contrario all’accoglienza e ai porti aperti.

3) Può non entusiasmare chi pretende un approccio più umanitario (e io sono tra quelli), ma bisogna ammettere che, per la prima volta da tanto tempo, l’Italia è riuscita nell’intento di mettere intorno a un tavolo le principali potenze europee (Francia e Germania in testa), le nazioni affacciate sul Mediterraneo (vedi Malta) e i paesi cosiddetti “volenterosi” (tra cui, per la prima volta, c’è anche Irlanda) e ottenere una vera, volontaria e costruttiva equa ripartizione delle quote di migranti.

Basti pensare che la Germania, attraverso il ministro tedesco Seehofer, si è detta disponibile ad accogliere il 25 per cento dei migranti sbarcati in Italia (in cui resterà il 10 per cento), e lo stesso farà la Francia, in quello che è, a tutti gli effetti, un vero e proprio superamento informale del Regolamento di Dublino che impone l’esame della richiesta d’asilo al paese di primo approdo. L’ennesima dimostrazione del fatto che il vento è cambiato e che la politica dei pugni sul tavolo in Europa non paga, anche se il blocco di Visegrad – così come il potere di veto dei singoli stati – resta un doppio nodo ancora molto difficile da sciogliere.

Ora resta da capire se il “metodo Ocean Viking” possa diventare strutturale. Decisivo, in questo senso, sarà l’imminente vertice tra i ministri degli Interni di Italia, Francia, Germania e Malta, fissato il prossimo 23 settembre a La Valletta.

4) Ma a cambiare è stato, soprattutto, il clima col quale l’intera vicenda della Ocean Viking è stata affrontata dal governo, sulla stampa e sugli stessi social. È la prima volta che viene assegnato un porto italiano a una ong straniera senza urli, proclami, propaganda elettorale e l’intero repertorio di bassa macelleria politica sulla pelle degli ultimi a cui l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ci aveva abituato negli ultimi mesi. Col risultato che, in assenza di sparate mediatiche e toni esplosivi, ci ritroviamo oggi di fronte a smottamenti epocali nella gestione del tema immigrazione in una sorta di narcosi collettiva.

Ocean Viking: la propaganda di Salvini ha fallito

Sembrano lontanissimi i giorni drammatici della “capitana” Carola Rackete e della Sea Watch che avevano lacerato in due il nostro Paese. Il nuovo atteggiamento del Viminale è in linea con lo stile e il tratto della nuova ministra Lamorgese: pragmatico, concreto, poche parole e molti fatti. E, soprattutto, umano. Un aggettivo di cui un po’ tutti c’eravamo dimenticati. È solo l’inizio, qualcosa si è fatto, molto ancora resta da fare, ma timidamente si comincia a intravedere l’alba in questa lunga notte della ragione.

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