Dopo il ddl Zan, la nuova maggioranza Italia Viva-centrodestra affossa anche la legge anti-lobby
C’è qualcuno che potrebbe sinceramente credere che questo Parlamento abbia i numeri per votare una seria legge che regoli l’attività di lobbing, per ottenere maggiore trasparenza e soprattutto per inserire una norma che vieti ai decisori pubblici di svolgere almeno per tre anni attività lobbistica? E infatti non vi sbagliate, proprio no.
Ieri in commissioni Affari costituzionali della Camera si discuteva della proposta di legge che prova a regolamentare il cosiddetto fenomeno delle porte girevoli, ovvero quello scambio tra politica e affari dove i rappresentanti dell’una si mischiano con gli interessi dell’altra, che rappresenta da sempre un vulnus delle democrazie.
Il disegno di legge raccoglie tre diverse ddl (uno del Pd con prima firma Marianna Madia, uno di Iv con Silvia Fregolent e uno di M5s con Francesco Silvestri) e prevede un registro in cui inserire i portatori di interessi e le loro attività. Il testo unificato redatto dalla relatrice Vittoria Baldino (M5S) prevedeva inizialmente di escludere la possibilità di iscriversi al Registro per tre anni dopo la fine del mandato per tutti i “decisori pubblici”, vale a dire “i membri del Parlamento e del Governo”, gli amministratori delle Regioni e dei Comuni con più di 300mila abitanti e i membri delle autorità indipendenti ma dopo la discussione di diversi emendamenti era stata trovata la mediazione di escludere dall’iscrizione al registro solo per un anno esclusivamente i membri del Governo nazionale e regionale, mentre per i parlamentari e gli altri soggetti l’esclusione valeva solo durante il loro mandato.
La sintesi finale è stata messa al voto (con parere favorevole del governo espresso dalla sottosegretaria Deborah Bergamini) ma la renziana Fregolent ha deciso di votare contro con tutto il centrodestra, ripetendo di fatto il solito schema di “maggioranza alternativa” che si ripete in queste settimane (lo stesso che ha affossato il Ddl Zan) e soprattutto, come ha sottolineato il capogruppo del Pd in Commissione Stefano Ceccanti, «per far pesare i propri voti, anche in vista del voto per il Quirinale».
Così alla Camera si rimane con un registro che ad esempio sul ministero dello Sviluppo economico ha un’agenda inchiodata allo scorso agosto e che contiene solo 270 iscritti senza mai tenere traccia di nessun incontro tenuto da qualche lobbista con un singolo deputato. Al Senato va ancora peggio: nessun registro e nessuna volontà di introdurlo.
Vale la pena fare un fiaccola precisazione: la legge non avrebbe interessato le attività del leader di Italia Viva Matteo Renzi che ufficialmente non rappresenta interessi di aziende private ma si occupa di conferenze retribuite da Stati esteri.
Insomma sarebbe stata comunque una legge blanda ma evidentemente in questi tempi non è possibile aspirare nemmeno a quello.
La nuova maggioranza Italia Viva-centrodestra invece continua a marciare insieme mentre l’elezione del Presidente della Repubblica si avvicina. Questa forse è la notizia peggiore. Chissà se Draghi si è accorto di tenere insieme un governo che è solo sulla carta.