Perché non dobbiamo sottovalutare la rivolta dei trattori
Il movimento dei trattori nasce dall’incapacità della politica di farsi carico di chi sta perdendo tutto. Ma l’Ue risponde concedendo scarni aiuti anziché con un un nuovo patto sociale. Così darà nuova linfa alle destre
Il problema è che noi non conosciamo quella realtà. Dove per noi intendo il «mondo della tastiera», come lo ha definito Giannini su Repubblica, contrapposto al «mondo della materia» (sempre Giannini), che vive e lavora nei campi, subendo le conseguenze delle nostre decisioni. Se andiamo al di là delle violenze e delle esagerazioni di cui il movimento dei trattori si è reso protagonista, assediando le istituzioni e alcune capitali europee, ci rendiamo conto che questa protesta altro non è che l’ennesima dimostrazione di quanto la globalizzazione capitalista abbia fallito.
Il tema dei semi, dell’accaparramento delle terre dei contadini e dello strapotere delle multinazionali, per dire, era uno dei cardini di Seattle e di Genova, quando la ribellione al «Minotauro globale» (definizione di Varoufakis) veniva portata avanti dalla galassia alterglobalista e avversata, in particolare, dalla sinistra della Terza via, tuttora incapace di fare i conti con la furia che i suoi errori e i suoi cedimenti le hanno attirato addosso negli ultimi trent’anni.
Represse nel sangue le rivendicazioni del Movimento dei movimenti, capace di includere molteplici realtà, non sorprende che le stesse istanze siano riemerse sul versante conservatore, al punto che le scarne concessioni ipotizzate dalla Commissione europea sono state avanzate unicamente per scongiurare un’ulteriore ascesa dei partiti di estrema destra, già altissimi in tutti i sondaggi sia in Francia che in Germania.
E qui bisogna interrogarsi: sulla politica, sull’informazione, sugli intellettuali. Se tutto ciò è stato possibile, infatti, è soprattutto colpa della nostra assenza, del nostro arroccamento, della nostra incomprensione del malessere generale che pervade le società occidentali.
I trattori sono solo l’ultima manifestazione di questo fenomeno. Prima abbiamo assistito a Occupy Wall Street, poi alle proteste contro l’austerità nei Paesi del Sud Europa, poi all’ascesa di soggetti bizzarri ma benefici come il M5S, poi all’avanzata di soggetti pericolosi e malefici come Alba Dorata in Grecia, infine al tracollo complessivo di un’Unione europea intenzionata ad accantonare definitivamente la propria storia e i propri valori in nome di un bellicismo che rischia di segnare la sua fine.
Che Europa è, difatti, quella in cui la transizione ecologica passa in secondo piano e non si parla d’altro che di armi? Che Europa è quella che non prende una posizione contro uno Stato, l’Ungheria di Orbán, il cui governo dà evidenti segnali di svolta autoritaria? Che Europa è quella che fa piovere qualche aiuto peloso per evitare il peggio (e non è detto che ci riesca), anziché porre al centro la questione di un nuovo patto sociale, comprendente anche i dannati della globalizzazione? Che Europa, insomma, è quella che si lascia assediare senza prestare ascolto a nessuno e senza agire di conseguenza?
Da europeista convinto, mi sto rendendo conto che del sogno di Spinelli non sia rimasto pressoché nulla. Questa Europa ha svenduto se stessa al profitto, non ha una politica estera e di difesa comune, non ha un idem sentire su alcuna questione ed è assediata da conflitti che rischiano di mettere a repentaglio il suo futuro.
Non c’è dubbio che la rivolta degli agricoltori prenda le mosse in un ambiente che ricorda da vicino la Vandea ai tempi della Rivoluzione francese.
Tuttavia, se ci si ostina a non vedere che è figlia della guerra, della crisi energetica, della mancanza di solidarietà all’indirizzo delle categorie più colpite dalle drammatiche vicende dell’ultimo biennio e dell’incapacità della politica di farsi carico dei tormenti di chi sta scivolando sempre di più verso l’abisso, non solo i voti ma anche le simpatie di questa gente andranno inevitabilmente al peggio del peggio.
Ci siamo dimenticati che fascismo e nazismo non sono iniziati, rispettivamente, con la Marcia su Roma e con il rogo del Reichstag: quando Mussolini e Hitler hanno preso il potere, Italia e Germania erano purtroppo pronte ad affidarsi a loro.