Non c’è giustizia ambientale senza giustizia sociale (di M. Comparelli)
"Il nostro movimento è apartitico, ma la società civile e i media continuano a chiederci di schierarci. Non lo faremo. Però pubblichiamo la nostra agenda". Su TPI l'intervento di Martina Comparelli, attivista e portavoce di Fridays for Future Italia
«Ma quindi chi voterete?» è in assoluto la domanda che noi, attivisti di Fridays For Future, ci siamo sentiti fare da quando sono state annunciate le elezioni politiche del 25 settembre 2022. Poco importa che nelle Faq sul sito del movimento sia scritto nero su bianco che FFF è apartitico, la società civile e i media continuano a chiederci di schierarci o di dare indicazioni di voto. Non lo faremo. Non ci interessano i loghi o i volti, ci interessa l’azione per il clima. Ci interessano i programmi. Sappiamo bene, e lo ribadiamo spesso, che la crisi climatica non è solo scienza e tecnicismo. È una crisi nata da scelte politiche che la politica deve risolvere. Ragion per cui ci battiamo contro la narrativa delle azioni individuali e delle piccole abitudini quotidiane come soluzione all’emergenza clima. Il 71% delle emissioni globali è stato causato da 100 grandi aziende, con il benestare dei governi che hanno ignorato per anni i campanelli d’allarme del 99% degli scienziati. Nel frattempo le emissioni di gas serra, la principale causa della crisi del clima, non accennano a diminuire e le conseguenze sono sempre più palesi e drammatiche. A causa delle inondazioni degli ultimi giorni, in Pakistan sono a rischio 333 milioni di vite umane. Nonostante i Paesi del Sud globale come il Pakistan siano i più vulnerabili e affetti dall’emergenza, nessun luogo è sicuro ormai. Quest’estate la siccità e il caldo estremo hanno colpito l’Italia, causando un aumento della mortalità del 20% rispetto agli anni passati solo nel mese di luglio.
Di fronte a queste evidenze, non possiamo e non vogliamo essere apolitici. Fingere che queste elezioni non esistano non è un’opzione, partecipare al dibattito senza entrare nelle dinamiche dei partiti, tra battibecchi su Twitter e slogan identitari, è una necessità. E abbiamo scelto di farlo elaborando delle proposte concrete, necessarie ma non sufficienti, per risolvere la questione climatica in un’ottica di giustizia sociale e cambiamento sistemico. D’altra parte, se negli ultimi decenni si s
ono susseguiti governi di diversi colori ma è cambiato poco o niente, il nodo da sciogliere è quello dei rapporti di forza e di un sistema basato sulle disuguaglianze sociali ed economiche. Di conseguenza, il tema centrale della nostra “Agenda Climatica” è lo strumento per rovesciare questi rapporti per ridare voce alla cittadinanza e vitalità alle comunità territoriali: la partecipazione.
Gli ultimi sondaggi vedono il partito degli astensionisti in crescita, con il 42% dei cittadini indecisi o astenuti. I giovani nel frattempo hanno perso fiducia nella politica istituzionale: solo il 41% la ritiene fondamentale e l’87% non vede prospettive di cambiamento tramite la classe dirigente attuale. Anche noi attivisti siamo stanchi: le nostre voci non sono minimamente prese sul serio le poche volte che veniamo chiamati ad esprimerci. Per il resto, tutto sta venendo relegato al mero voto, come se dovessimo selezionare un prodotto da una vetrina. Quel prodotto non basta più. Vogliamo politiche che permettano alla società civile di essere parte attiva delle decisioni e della gestione della cosa pubblica. Vogliamo una società a misura di persona e non basata sugli interessi privati. Vogliamo che sia data priorità al movimento degli esseri umani e non delle merci. Vogliamo energia per tutti e acqua pubblica. Vogliamo un diritto al lavoro e più diritti sul lavoro. Insomma, vogliamo tutto e lo vogliamo subito. Non si tratta di capricci o di una protesta fine a sé stessa e l’Agenda Climatica lo dimostra: le proposte sono precise, puntuali, elaborate sulla base di fonti accademiche e scientifiche. E, ben consapevoli delle possibili critiche sui costi delle misure che chiediamo, abbiamo anche fatto i conti, concludendo l’Agenda con la lista dei fondi a cui attingere.
L’Agenda Climatica presenta le proposte dei Fridays suddivise in cinque macro-temi: trasporti, energia, edilizia, acqua, lavoro. Al centro di questi punti ci sono le persone intese come collettività e non come individui monadici. Ad esempio, chiedendo trasporti efficienti e gratuiti vogliamo permettere a tutti di muoversi e spostarsi liberamente e con un minore impatto ecologico. La transizione energetica tramite le comunità energetiche rinnovabili solidali, gestite dagli enti locali e dalla cittadinanza, promuove l’indipendenza energetica e rivitalizza l’economia locale con nuovi posti di lavoro. Garantire una fornitura di energia per i bisogni primari a tutte le famiglie risolverebbe il pressante problema della povertà energetica, stabilendo l’energia come diritto. La riqualificazione di scuole e case popolari ridurrebbe le emissioni e i consumi e migliorerebbe la qualità di vita degli inquilini e la qualità dell’aria. La tassa sugli extra-profitti è fondamentale per finanziare le misure ma è anche un’ottima misura per combattere l’inflazione senza ricadere nel circolo delle politiche di austerità. La ri-municipalizzazione dell’acqua ridurrebbe le tariffe e promuoverebbe l’efficientamento della rete idrica, che al momento è responsabile di una perdita d’acqua del 42%. Il Job Guarantee con salario minimo, una proposta neo-keynesiana nata dall’economista Minsky, migliorerebbe i servizi della Pubblica Amministrazione garantendo lavoro per tutti e potere contrattuale sulla remunerazione dei lavoratori privati. La settimana lavorativa breve aiuterebbe a ridurre le emissioni di trasporti ed edifici, permettendo ai cittadini di partecipare davvero alla vita civica e politica del Paese e di ri-equilibrare il lavoro di cura in famiglia. In queste proposte nulla è isolato, ideologico o lasciato al caso. Puntano tutte alla transizione ecologica con la cittadinanza e i lavoratori al timone.
L’idea della centralità del lavoro non è nuova per Fridays For Future. Già dopo le prime manifestazioni del 2019, il tema si era presentato in diversi momenti. Anche nello sciopero globale del 23 settembre la questione del lavoro sarà protagonista insieme al bisogno di partecipazione e al problema della disuguaglianza e della povertà (perché non possiamo ignorare il legame tra il ritardo nella transizione ecologica e il carovita). Nel frattempo continua anche la convergenza di FFF con il Collettivo dell’ex Gkn, che, di fronte alla chiusura della sua fabbrica a Campi Bisenzio, ha elaborato un piano di re-industrializzazione in ottica ecologica insieme alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il progetto del Collettivo è un perfetto esempio dell’approccio al cambiamento che rivendichiamo. Difatti, una transizione dall’alto non verrebbe né condivisa né compresa dalla popolazione, soprattutto considerato il ricatto ambiente-lavoro delle grandi compagnie inquinanti. La transizione ecologica creerà posti di lavoro e migliorerà le condizioni di vita di tutti. Ma deve essere programmata e implementata dal basso, con la piena partecipazione dei territori e co-gestita da chi la vivrà sulla sua pelle: i cittadini, che sono molto di più che semplici elettori.