“Nimbus project”, il lato oscuro di Amazon (di Giulio Gambino)
L'editoriale del direttore di TPI Giulio Gambino sul sesto numero del nostro nuovo settimanale
Il vero problema è che ora i colossi del web si spacciano pure per neutri, progressisti ed illuminati: si raccontano come ecosolidali, ci prospettano organizzazioni visionarie e futuristiche del lavoro, con le palestre per i dipendenti e il ping pong negli uffici, per favorire lo scarico dell’adrenalina e il processo creativo. Ma sotto questa verniciatura mimetica, la ricetta non cambia, ed è sempre la stessa del caro vecchio capitalismo cannibale: profitto mio, vita tua.
E così i nuovi monopolisti della rete, con Amazon in testa, non solo schiacciano e uccidono le piccole e medie imprese nel mondo, non solo decretano la morte delle piccole librerie e del commercio di dettaglio e di prossimità, ma copiano anche i loro prodotti, con l’obiettivo di rivendere i propri cloni ai consumatori di tutto il mondo. Per fare questo, ovviamente, Amazon & co. sfruttano le economie di scala che possono permettersi in virtù della loro posizione dominante, mentre gli altri no. È questa la nuova globalizzazione del terzo millennio, spinta all’estrema potenza, e incarnata nella sua esemplificazione più chiara di disparità e mal funzionamento.Non paghi di questo, le big tech come Amazon sfruttano anche in un altro modo la loro posizione dominante.
Manomettono i risultati sui motori di ricerca, per apparire primi, sempre e ovunque, trasformandoli in un vero e proprio bancomat. Per raggiungere questo obiettivo declassano i prodotti di altri clienti che già vendono di più e che hanno persino recensioni migliori dei loro. Direte voi: ma stanno pur sempre a casa loro, e cioè vendono sulla propria piattaforma digitale. Peccato che quello sia il luogo dove avvengono la quasi totalità delle transazioni di e-commerce nel mondo.
Monopolio digitale e conflitto d’interessi. Per di più, come riportiamo nel nostro servizio speciale su Amazon questa settimana, oltre alle condizioni di lavoro che i dipendenti denunciano come massacranti, emergono alcune importanti novità: se vuoi apparire sul marketplace, devi pagare. Ma oltre ai risultati truccati, alla concorrenza sleale, e ai prodotti copiati e riprodotti, da poco Amazon – proprio insieme a Google – ha deciso di firmare un contratto miliardario con il governo di Israele che prevede la fornitura di servizi cloud anche all’esercito. E secondo attivisti, esperti e i dipendenti delle due multinazionali queste tecnologie potranno agevolare le attività di sorveglianza e di repressione nei confronti dei palestinesi. Israele non ha certo bisogno di una Big Tech per le sue operazioni di intelligence, ma con questi accordi Bezos entra a pieno titolo nel business militare.
Il nome è già tutto un programma “Nimbus project”, una grande nuvola cupa. Ciò che è chiaro è lo spirito del monopolista del terzo millennio. Con un inevitabile esito: concorrenza sleale, arroganza, dominio e monopolio a danno dei più piccoli, ingordigia anche quando sei già l’uomo più ricco al mondo. E infine la militarizzazione. Quindi geopolitica. L’unica possibilità che abbiamo noi, per resistere, è non farci fregare. Dal pacco di Amazon.
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