Uccisioni, violenze e detenzioni: il Myanmar non è un posto per i bambini
Sabato scorso un bambino di 10 anni si stava godendo il fine settimana, giocando a carte con il suo amico di 13 anni, vicino al centro di Yangon, in Myanmar.
Stavano facendo quello che fanno i loro coetanei in tutti i paesi del mondo. Ma in realtà questi ragazzi erano destinati a diventare vittime di una crisi causata dagli stessi adulti che avrebbero dovuto proteggerli.
Quando le forze armate si sono fermate su un camion militare e hanno iniziato a sparare in aria, il ragazzo ha afferrato la mano del suo amico e ha corso, più veloce che poteva, ma, come hanno riferito dei testimoni oculari a Vice News, il suo amico è stato colpito alla nuca ed è caduto a terra.
Il ragazzino ha continuato a correre per nascondersi dai soldati. Più tardi, al funerale del suo amico, qualcuno ha dovuto sollevarlo perché non era nemmeno abbastanza alto per vedere all’interno della bara. Come si può pensare che un bambino di quell’età veda il proprio amico ucciso con un colpo alla testa? Eppure secondo l’Assistance Association for Political Prisoners (AAPP), il ragazzo di 13 anni è solo uno dei 43 minori uccisi nei due mesi dall’inizio del colpo di stato militare del Myanmar del 1° febbraio.
È chiarissimo: il Myanmar non è più un luogo sicuro per i bambini.
Le ultime due settimane hanno dimostrato che i minori non sono al sicuro nemmeno nelle loro case. La scorsa settimana una bambina di sette anni è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco e la sua storia ha fatto il giro del mondo. Ma i miei colleghi di Save the Children nel Paese mi hanno raccontato di almeno tre casi di bambini piccoli – rispettivamente di 7, 11 e 12 anni – colpiti e uccisi dalle forze armate nelle proprie abitazioni negli ultimi 10 giorni.
Suscita sgomento che i bambini continuino a essere tra i bersagli di questi attacchi fatali. Tutti i bambini hanno il diritto di crescere liberi dalla violenza. Il fatto che così tanti vengano uccisi ormai quasi quotidianamente, mostra un totale disprezzo per la vita umana e il diritto internazionale da parte delle forze armate.
Save the Children e i suoi partner stanno fornendo supporto ai bambini che hanno subito danni e alle loro famiglie, ove possibile. I nostri operatori in prima linea forniscono supporto emotivo ai bambini che hanno assistito alla violenza e indirizza quelli con gravi problemi di salute mentale agli specialisti.
Il nostro team ha aiutato una ragazzina di dodici anni che ha visto le sue due sorelle più giovani, di due e quattro anni, morire in un incendio doloso nel loro villaggio nello stato di Kayin. L’impatto sulla sua salute mentale è stato tremendo. Alcuni bambini stanno soffrendo per la perdita di familiari, mentre altri sono ancora troppo piccoli per capire l’orrore che li circonda: un bambino che ha perso il padre credeva che stesse “solo dormendo”.
Stiamo anche sviluppando risorse digitali che possano fornire ai bambini e a chi si prende cura di loro consigli su come gestire al meglio la propria salute mentale durante la crisi. A causa dell’insicurezza e delle continue restrizioni legate al COVID-19, gran parte di questo lavoro viene svolto da remoto e molti bambini non sono ancora in grado di ricevere il sostegno di cui hanno disperatamente bisogno.
Siamo anche angosciati dalla sofferenza meno visibile che alcuni minori stanno vivendo. Secondo l’AAPP, 2608 persone sono ancora detenute, di cui 20 sotto i 18 anni.
La prigione non è un posto per un bambino o un ragazzo ed essere trattenuti in detenzione rischia di essere estremamente traumatico, in particolare per i più piccoli che stanno già lottando con la paura, la perdita e le ferite causate da queste violenti repressioni. I minori che sono stati rilasciati ci dicono di essersi sentiti terrorizzati mentre erano detenuti e di non essere riusciti a dormire. Save the Children è profondamente preoccupata per il fatto che i bambini e gli adolescenti detenuti non ricevano cure adeguate, compreso l’accesso al cibo.
In ogni situazione di crisi nel mondo, i bambini sono vittime innocenti. La loro sicurezza deve essere considerata prioritaria e garantita in tutte le circostanze e l’unico modo per proteggere i bambini in Myanmar è fermare del tutto la violenza contro le persone.
Save the Children rinnova quindi il suo appello alle forze armate affinché si ponga immediatamente fine a questi attacchi mortali contro i manifestanti, prima che altri bambini e adolescenti vengano feriti o uccisi.
Ma le nostre parole non bastano. Abbiamo bisogno di agire. Save the Children continuerà a fare tutto il possibile sul campo per sostenere i bambini del Myanmar, ma i leader mondiali devono mobilitarsi immediatamente per proteggere la vita e la libertà delle persone in Myanmar e garantire che non ci siano altri morti a causa di questa deplorevole violenza.
Per il ragazzo di 13 anni e le altre giovani vittime di questa crisi è purtroppo già troppo tardi.
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