La movida, il fenomeno chiamato così solo da chi la dipinge in un certo modo (di S. Mentana)
Le giornate si stanno allungando. Non tanto per il sole che si concede più tempo prima di tramontare, quanto per il coprifuoco, che dopo averci accompagnato per mesi è stato spostato prima alle 23 e quindi, da questa settimana, a mezzanotte. Piano piano le persone hanno ricominciato a uscire anche di sera, sono tornate nei ristoranti, nei bar, hanno ripreso a cenare fuori e farsi un bicchiere senza essere dover guardare con ansia l’orologio. E sui giornali come sui social si torna a parlare di un fenomeno: la movida.
Fa sempre sorridere questa parola. Non per il significato, non per il concetto che esprime, ma perché se andassimo in una piazza di Trastevere dopo cena o alle colonne di San Lorenzo a Milano a chiedere a chi sta bevendo un bicchiere in compagnia che cosa stiano facendo, non risponderanno mai che stanno facendo “la movida”.
Movida è diventata con il tempo una parola che rivela una grande spaccatura sociale. Un modo spesso inconsapevole per prendersela con i giovani o con chi semplicemente ama lasciarsi andare ad alcuni svaghi, come farsi qualche bevuta, rimanere in giro la sera con qualche amico o passare una serata per locali. In poche parole, quella che nella stragrande maggioranza dei casi è una serata di leggerezza. Eppure, quando si parla di movida, spesso e volentieri l’accezione è negativa.
La movida, quando è chiamata così, raramente è ritratta come un fenomeno piacevole, ma è “selvaggia”, “rumorosa”, “pericolosa”, bersaglio di provvedimenti e ordinanze che spesso e volentieri sono definite “anti-movida”. Eppure, al netto degli eccessi (che sia chiaro, esistono), questa tanto vituperata movida è principalmente un fenomeno leggero, di persone giovani e meno giovani che si prendono qualche ora di svago senza essere sopra le righe.
D’altronde, la “Movida” originale, quella che da il nome al fenomeno, è uno dei simboli della leggerezza e della liberazione dagli schemi rigidi. Fu infatti a Madrid, alla fine degli anni Settanta, che nacque questa parola, per identificare la nuova scena culturale che animava le notti della capitale spagnola dopo la fine della dittatura di Franco.
Eppure, in Italia, di questi momenti di svago si vede solo il negativo. Ricordiamo come un anno fa, finito il lockdown, in molti puntarono il dito proprio contro la famigerata movida, destinata a portare una nuova ondata di casi di coronavirus. Eppure, per quanto piccoli focolai nel mondo della vita notturna ci siano stati, abbiamo visto come la seconda ondata sia arrivata con il ritorno indiscriminato agli spostamenti di massa verso uffici e scuole in primis.
Ma qualsiasi cosa sia, la movida è prima di tutto un facile bersaglio, e questo principalmente per un motivo: il mondo della leggerezza non ha i suoi difensori. E’ facile prendersela con qualcosa che spesso è ritratto come dannoso, e che vede tra i maggiori protagonisti i giovani, una categoria che spesso fatica a farsi sentire. E allora ecco che se c’è il degrado la colpa è della movida, se aumentano i casi di coronavirus è di nuovo la movida, idem per il consumo di alcolici, di droghe, le risse e le sassaiole: un abito ricamato negli anni per etichettare un elenco quasi enciclopedico di tutti i comportamenti negativi che possono verificarsi nei locali, nelle discoteche e nelle piazze più frequentate la sera.
Seppur questi comportamenti siano solo una piccola parte di quel mondo, troppi osservatori sui media e sui social, verosimilmente estranei al fenomeno, hanno contribuito a rappresentarli come la totalità del fenomeno, ormai dipinto come una via di mezzo tra un rave party e il basso impero. E a questo dipinto non si poteva che trovare un nome più distante possibile dalla realtà, che non a caso non sentirete da nessun frequentatore dei pub, delle discoteche e della vita notturna: la movida.