La pericolosità delle posizioni del ministro degli Esteri ucraino (di E. Basile)
Abbiamo ascoltato le dichiarazioni del Ministro degli Affari Esteri Kuleba in una trasmissione del programma Otto e Mezzo de La7.
Devo dire che non ho potuto non provare una dolorosa indignazione nell’ascoltare metafore calcistiche quasi la guerra fosse un gioco e non implicasse la sofferenza di un popolo, il massacro di un’intera generazione di Ucraini.
Il Ministro parte da assunti fideistici quasi non fossimo nel 2023 ma ancora nel sedicesimo secolo quando si combattevano guerre di religione. È del resto confortato dalla propaganda occidentale. La storia recente è abolita. La “ingiustificata e non provocata” aggressione russa costituisce una minaccia di invasione da parte del nuovo zar imperialista che vuole dominare sull’Europa tutta, fino a Lisbona come ha ripetuto un ascoltato e simpatico giornalista.
Quindi è giusto che gli ucraini muoiano e soffrano per la loro libertà e la libertà dell’Europa. Strano! Se il Ministro fosse veramente convinto di quel che afferma avrebbe molte armi per convincere i membri della NATO a scendere in guerra, “boots on the ground”. Se tenesse al suo popolo e al suo Paese , potrebbe far valere una comprensibile posizione: l’esercito ucraino non è disposto a morire per la libertà dell’Europa se gli Stati Europei e i membri della NATO non fronteggiano insieme ai soldati di Kiev il comune pericolo.
Purtroppo egli sa bene che non c’è nessuna minaccia all’Europa e che non ci sarebbe stata invasione dell’Ucraina se il Paese avesse difeso un percorso a vantaggio del suo popolo e che poteva essere facilmente negoziato con i Russi e gli Statunitensi.
L’Ucraina si sarebbe salvata se 1) avesse imposto il proprio avvicinamento all’Europa grazie a liberi investimenti occidentali, apertura commerciale e serie riforme di una democrazia debolissima, dominata dagli oligarchi e da forze nazionaliste radicali, bisognosa di riforme dell’Amministrazione, dell’Istruzione e della Sanità 2) se avesse negoziato una neutralità con forti garanzie internazionali a protezione della stessa 3) se avesse applicato gli accordi di Minsk e avesse concesso l’autonomia linguistica alle regioni divenute poi separatiste e uno status egualitario ai russofoni ( si possono ancora ascoltare sul net i discorsi dei Presidenti Ucraini che minacciano di togliere scuole e pensioni agli abitanti del Donbass) 4) se avesse evitato una penetrazione militare anglosassone nel proprio Paese che non poteva non avere conseguenze sulla percepita minaccia da parte di Mosca. La Russia non é mai stata ambigua sulle esigenze che considerava esistenziali per la propria sicurezza e ha stabilito linee rosse sin dal discorso di Putin a Monaco nel 2007.
Se ci fossero statisti ucraini che hanno a cuore le sorti del loro paese, Kiev oggi non sarebbe quello che è sotto gli occhi di tutti: un Paese in bancarotta, tenuto artificialmente in vita dall’occidente, distrutto nelle sue belle città e infrastrutture, cha ha mandato a morte circa 250.000 giovanissimi ucraini e che è in procinto di massacrarne altri, assecondando la volontà della NATO.
Washington e l’Europa stanno utilizzando Kiev per realizzare una strategia pericolosa e demenziale con la quale perseguono la sconfitta della Russia, potenza nucleare. L’obiettivo minimo è l’indebolimento del regime di Putin, quello massimo la caduta del regime nella quale anglosassoni, polacchi e baltici ancora sperano. Gli Americani mirano al recupero nei confronti della Cina e sulla scena internazionale del potere egemonico occidentale che il mondo multipolare sta mettendo in discussione.
Avvicinamento politico e economico dell’Ucraina all’Europa, Neutralità, Referenda nel Donbass e autonomia linguistica, erano i capisaldi di una proposta russa circolata dopo poche settimane dall’invasione. Era pervenuta alle istanze occidentali ed era destinata a essere ripresa dall’unico piano di pace occidentale che è circolato grazie alla diplomazia italiana e in particolare alla direzione degli Affari Politici della Farnesina. Esso prevedeva anche i capisaldi di una nuova architettura di sicurezza europea.
È stato triste ma importante assistere a questo show del nazionalismo ucraino. La vittoria come in una partita di calcio è l’unico obiettivo perseguibile insieme allo smembramento della Russia, le cui risorse energetiche e minerarie devono essere spartite dall’Occidente, come è cosa buona e giusta.
Non amo questa élite al potere in Ucraina. Amo il popolo ucraino. Gli Stati Uniti e le classi dirigenti europee stanno sacrificando bambini, ragazzi, donne, cittadini ordinari, fingendo di assecondare la volontà di libertà del Governo ucraino. Chiediamo a una casalinga di Kiev se vuole mandare suo figlio a morire al fronte per permettere al suo Paese di entrare nella NATO. Che ridicola ipocrisia! Kiev è in vita grazie all’Occidente e si vorrebbe far credere che è l’Ucraina a decidere e non Washington?