Cosa si nasconde dietro le parole di Conte sul Mes (di Giulio Gambino)
Sarà che era tardi (un’ora e mezza d’attesa rispetto alle ore 20:00, previste come inizio della conferenza stampa per annunciare il nuovo DPCM). Sarà che faceva freddo nel cortile di Palazzo Chigi. Sarà stato quel che sarà stato, ma non appena il presidente del Consiglio ha terminato di parlare domenica 18 ottobre, intorno alle 21:45, e ha dato il via al consueto giro di domande, l’attesa e il freddo sono passati in secondo piano, perché Giuseppe Conte stava imponendo una netta accelerazione al dibattito pubblico sulla gestione dei fondi con cui affrontare la pandemia da Coronavirus in Italia.
Rispondendo a una mia domanda, la prima in ordine di tempo fra i 4 quesiti ammessi quella sera, il premier ha usato poco meno di cinque minuti per sciorinare una sua personale filippica sul No al Mes, cioè i soldi del Fondo comune europeo destinati ad uso sanitario. In quei 240 secondi Conte ha messo sottosopra l’intera maggioranza di governo, ben più di quanto non credesse di fare, poiché non l’ha solo scossa, come ieri hanno riportato alcune agenzie nell’escalation delle reazioni che si susseguivano, ma le ha dato una mazzata tra capo e collo che mezza bastava.
Se risentite le sue parole sul Mes, capirete (qui sopra il video). In primo luogo la mimica: il premier risponde, sì, ma quasi stizzito (della serie: “Ora ve lo spiego io cosa diavolo è sto Mes”), e parla al “grande pubblico”, non agli “addetti ai lavori”. Parla e lo fa levandosi questo grande, enorme sasso dalla scarpa, dice quello che l’avvocato Giuseppe avrebbe sempre voluto dire ma che il premier Conte gli aveva imposto sin qui di tacere. Sorprendente da un moderato come lui sentire parole così nette e perentorie (tra l’altro dopo mesi di discussione sul tema). Sembrava che non ce la facesse più e volesse scrollarsi questo peso. E allora si decide a parlare, Conte. Trapela la sua contrarietà al Mes e anche al dibattito stesso che si è venuto a creare intorno ad esso. Non solo il vantaggio del Mes sarebbe contenuto, oggi come oggi, ma attingere a quei soldi – questo il ragionamento del premier – sarebbe rischioso e innescherebbe il cosiddetto stigma tra i mercati.
Infine la chiosa, tra le righe: useremo quei fondi solo se le casse dello stato saranno messe davvero male. Cioè in caso di bancarotta. Addirittura Conte paventa il rischio di nuove tasse in caso di attivazione del Mes, laddove “nuove tasse” non è frase ritenuta accettabile nel gergo politico (in questo Paese meno che mai). Ebbene quei pochi minuti, sullo sfondo di una conferenza stampa che a quel punto diveniva di minore importanza, hanno innescato un dibattito nel governo tra chi all’interno della stessa maggioranza – su tutti il Pd – ma anche tra le fila dell’opposizione è favorevole al Mes e chi invece – su tutti i 5 Stelle, compreso Alessandro Di Battista, allineato in questo caso ai grillini – è fortemente contrario.
Come potete capire da soli si tratta chiaramente di una battaglia politica e ideologica intorno a uno strumento economico e finanziario che finora nessuno in Europa ha utilizzato. Il Governo italiano nei primi 6 mesi ha gestito molto bene la crisi scaturita da questa pandemia; e anche negli ultimi mesi ha retto bene, ma oggi appare paralizzato su alcune decisioni che vanno invece affrontate con chiarezza e al più presto. In fin dei conti siamo sempre punto e a capo: Conte divide et impera. Al premier fa terribilmente comodo giocare sull’emotività dei due alleati di governo – Pd e 5 Stelle – e sulle rispettive bandierine politiche che questi due schieramenti devono giocoforza portare avanti, costi quel che costi. A Conte va benissimo una maggioranza “divisa il giusto”, in modo da poter essere lui, sempre e comunque, l’ago della bilancia. Scontato, ma terribilmente vero.
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