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Giorgia l’Africana: il piano Meloni per l’immigrazione fa acqua da tutte le parti (di G. Gambino)

Immagine di copertina
La premier Giorgia Meloni durante la visita in Etiopia. Credit: Ufficio Stampa presidenza del Consiglio

Nel dibattito di queste settimane sull’emergenza immigrati dobbiamo chiarire, tanto per cominciare, che non esiste alcuna emergenza immigrati. Fin tanto che chi governa continuerà a parlarne in questi termini, catastrofici e fuori controllo, non risolverà assolutamente nulla, salvo appunto gettare fumo negli occhi di cittadini ed elettori.

Ciclicamente, infatti, nell’ultimo ventennio questo o quel governo ci ha propinato, ad un certo punto della sua vita, il tema dell’immigrazione come un fatto straordinario che di punto in bianco, con l’arrivo dell’estate, irrompe su di noi e domina le prime pagine dei quotidiani e le agende della politica.

Ebbene, è una grande e gigantesca balla. Di cui i media sono in parte corresponsabili ma di cui destra e sinistra allo stesso modo sono i principali profanatori. Non solo perché, com’è evidente, i flussi migratori sono un fatto ormai clamorosamente ordinario ma anche poiché questi costituiscono il diversivo perfetto dietro cui celare le nefandezze di chi governa il nostro paese.

Come raccontiamo bene nel nuovo numero del settimanale di The Post Internazionale in edicola da venerdì 21 aprile e disponibile in formato digitale da giovedì 21, l’immigrazione è il cavallo di battaglia preferito di chi, non riuscendo a portare avanti con successo la propria agenda di governo, la butta in caciara cavalcando l’insicurezza sociale e la paura di un popolo in fin dei conti accogliente solo con i cittadini di serie A. Omettendo le verità di un fenomeno globale ben più complesso e che ci vede coinvolti solo come Paese di transito per chi, dal sud del mondo, cerca fortuna e pace altrove.

Di più: quando si parla di immigrati ben pochi ricordano che servono alla tenuta socio-economico del nostro Paese, e che per di più contribuiscono a pagare anche le pensioni. Così come è data quasi sistematicamente per spacciata la necessità, urgente, di mettere nuovamente in discussione gli accordi – pattuiti in seno all’Unione Europea – rispetto a chi accoglie, in quale quota parte e con quale fine.

È legittimo e doveroso, infatti, che esistano limiti, regole e condizioni con cui l’Ue tutta decida di affrontare l’immigrazione. Il che non significa accogliere “mezzo mondo” indiscriminatamente quanto se mai che, a fronte di investimenti e impegno condivisi, i Paesi membri debbano poter mettere a fattor comune l’accoglienza e la conseguente e necessaria “conversione” di chi accogliamo, integrando uomini e donne nelle nostre società con la giusta dignità che spetta a qualsiasi essere umano.

Sarà forse ancora troppo presto perché l’agenda Meloni sull’immigrazione possa essere giudicata in termini così netti e negativi, ma ad oggi siamo per l’ennesima volta alle prese con una narrativa tossica che serve solo a rimestare all’infinito i problemi strutturali di quei pochi luoghi di approdo sulle coste italiane (sempre gli stessi) con l’unico intento di confondere, depistare, cavalcare le insicurezze.

Al che viene da pensare che un governo che agisca sistematicamente in questo modo è, nel migliore dei casi, incompetente (perché incapace di vedere quello che nella storia contemporanea è il tema del secolo) e nel peggiore dei casi pure scorretto (perché ne nega i benefici e la complessità, utilizzando come arma di difesa argomentazioni false e sovraniste).

A ciò, infine, va aggiunta l’aggravante dei media che vanno dietro a questa tiritera senza offrire una visione alternativa e contro-informativa del fenomeno. Spettacolarizzando la sofferenza dei migranti fine a sé stessa (che ormai nulla può aggiungere al dibattito) e facendo un cattivo servizio, tanto nei confronti di chi si vede ritratto in quel modo quanto nei riguardi di chi dovrebbe provare pena e ormai nemmeno più quella riesce a provare.

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