Da Cutro a Caivano: l’umanità perduta in un’Italia che sa solo odiare (di R. Bertoni)
Prima il decreto Cutro. Poi Caivano. La vulgata cattivista della destra non prevede rieducazione, redenzione e reinserimento. Ma solo la clava. Colpa anche della sinistra che, dai migranti ai giovani, non mette più la persona al centro del processo di sviluppo
L’umanità, già: una splendida parola. Adesso la scrivono quasi tutti, ne parlano i giornali, a sinistra ha ritrovato improvvisamente cittadinanza. Il decreto Caivano, del resto, si commenta da solo, oltre a riproporre la tendenza di questo governo a strumentalizzare qualunque tragedia, a cominciare dalla strage di migranti a Cutro.
Il guaio è che non è solo farina del sacco conservatore: loro non hanno fatto altro che passare all’incasso. La colpa è soprattutto di una sinistra che per troppo tempo, dai migranti alla scuola, dai voti alle bocciature, anziché porre la persona al centro del processo di sviluppo e considerare lo studente il cardine della didattica, ha fatto l’opposto.
In particolare per quanto riguarda la scuola, me la ricordo bene la vulgata cattivista in servizio permanente effettivo, la richiesta ferina di sanzionare comunque dei ragazzi che avevano già pagato un prezzo e capito la gravità del proprio errore, il tripudio di gioia quando Valditara ha vietato l’utilizzo dei cellulari in classe, certi commenti degni di un branco assatanato che io stesso ho ricevuto sui social e la messe di insulti sconsiderati che subiva chiunque si opponesse a questo disegno complessivamente repressivo.
Ora la destra ha fatto la destra, ha stabilito addirittura il carcere per chi venga trovato in possesso di un po’ d’erba in tasca e ha strombazzato su una stampa largamente compiacente che queste misure sono state assunte nell’interesse dei giovani. Già me li immagino, dunque, i coccodrilli ipocriti quando un ragazzo o una ragazza, arrestati mentre facevano bisboccia con gli amici, si impiccherà in carcere non reggendo lo strazio.
Già me le immagino le interviste ai genitori disperati, le lacrime del paese, il ripetere ossessivamente, a favor di telecamera, che si trattava di un bravo figliolo, che magari andava agli scout, che era appassionato allo studio, che non aveva mai fatto del male a nessuno. Già mi immagino tutto questo, ma forse sarebbe bene che la gente ci pensasse prima, valutando con attenzione le conseguenze delle proprie scelte elettorali.
Sosteneva Victor Hugo che aprire una scuola equivalesse a chiudere una prigione, e aveva ragione. Peccato che qui, invece, si chiudano le scuole e si affollino ulteriormente celle che già scoppiano e che quest’estate hanno provocato un’ondata di suicidi dietro le sbarre, tra cui quello di Azzurra Campari, appena 28 anni, finita dentro per reati di lieve entità.
Stiamo iscrivendo un’intera generazione alla scuola dell’odio e della furia, la stiamo educando con intenti punitivi, le stiamo inculcando un modello che non prevede rieducazione, redenzione, cambiamento e reinserimento sociale ma unicamente la clava e, quel che è peggio, stiamo aizzando un popolo già sfiancato dalla crisi che ci dilania contro le fasce più deboli della società.
Tutto questo rimarrà, anche quando l’attuale esecutivo sarà andato a casa, perché stiamo assistendo a una mutazione antropologica del Paese che non contempla più destra e sinistra ma solo barbarie.