Cara Meloni, lascia da parte destra e sinistra: la Casa delle donne è un presidio di democrazia
Meloni, la Casa delle donne è un presidio di democrazia
È una storia significativa il travaglio della Casa internazionale delle Donne di Roma, perché racconta perfettamente fin dove scivoli la politica quando diventa tifo.
C’è di mezzo un debito (sono 936.980 euro) e c’è la valutazione dei servizi offerti dalla rete di associazioni che si occupano di donne in difficoltà: la valutazione fatta dagli uffici tecnici dell’assessorato al Patrimonio del Comune di Roma nel marzo 2015 certifica che la Casa offre gratuitamente al territorio servizi per un valore di circa 700mila euro. Per questo i 300mila euro raccolti nel crowdfunding sarebbero, secondo le responsabili della Casa, una pacifica chiusura del debito pregresso.
Il tema sostanzialmente sarebbe tutto di natura amministrativa, finanziario e di valutazione dell’impatto sulla città, ma quando la politica si mette in testa di combattersi giocando sulla pelle dei cittadini accade che una leader di partito come Giorgia Meloni, peraltro donna e vittima anche lei di violenze come ha raccontato qualche giorno fa, possa addirittura esultare per il blocco dei fondi alla Casa da parte del Ministero delle Finanze scrivendo grossolanamente che sarebbe stato “un oscenità del PD” e definendo la Casa come “associazione di sinistra che si trova nello stesso collegio nel quale il Ministro è candidato” e infine tuonando “non si usano Istituzioni per comprare consenso”.
In sostanza, non si discute dell’ondata di femminicidio che sta attraversando l’Italia, non si discute dei servizi che la Casa offre alle donne in difficoltà sostituendo di fatto le istituzioni che mancano, non si discute nemmeno della storia della Casa e di tutte le iniziative che ha messo in campo in tutti questi anni: no, ciò che conta è che se non sono elettori del partito giusto allora meritano di scomparire. Così, in scioltezza.
A dire il vero risulta anche piuttosto inconsueto che la Meloni non sapesse che l’emendamento con cui si salvava la Casa era stato depositato dai parlamentari di Italia Viva e la leader di Fratelli d’Italia deve essersi persa l’entusiasmo con cui la sindaca di Roma Virginia Raggi twittava felice che “la Casa internazionale delle Donne è salva” grazie “a un emendamento condiviso tra M5S e altre forze politiche”.
Viene molto facile, nella politica tracimata in tifo, bollare come marchette iniziative e associazione che hanno fatto la storia della città. Ciò che invece è complicatissimo è poi ricostruire sulle macerie. E qualcuno esulta per le macerie della Casa, addirittura.