Meglio tardi che mai (di G. Gambino)
Questo perché, nella settimana in cui le tariffe esplodono, in cui il ministro dell’Istruzione promulga una circolare sulle quarantene e la ritira 24 ore dopo, lo strappo di Landini e la convocazione di uno sciopero nazionale di otto ore a Roma e in altre città insieme alla Uil di Bombardieri sono una tegola inaspettata per Draghi e i suoi ministri.Il copione è sempre lo stesso: la stampa segue la buona regola di ignorare le gaffe dei draghisti (almeno finché è possibile) e quando diventa inevitabile attribuirle a qualcuno, le accolla sistematicamente ai ministri “scemi” (che poi vengono sempre salvati in calcio d’angolo dal provvidenziale intervento del presidente del Consiglio).Pensateci: fu già così per le gaffe su AstraZeneca (attribuite a Speranza), fu così per quelle più recenti sulle bollette (colpa di Cingolani) e fu così anche per la clamorosa retromarcia sulla riforma della Giustizia (errore messo in conto alla Cartabia).In un clima simile, ecco perché Landini stupisce. A maggior ragione poi se il leader sindacale – al contrario di tanti altri critici, a partire da Salvini – non si è fermato a metà strada.
Sin dall’estate Landini denunciava l’assenza di qualsiasi dialogo tra governo e sindacati, ma questo non ha impedito alla Cgil di diventare un bersaglio politico e, per Forza Nuova, persino militare con l’assalto a Corso Italia.Poi, sul tema pensioni, il tenore dei rapporti tra Palazzo Chigi e i confederali è precipitato ai minimi storici. L’ennesima prova, se mai ci fosse ancora bisogno di chiarirlo, che questo governo non ha un’anima, è l’esecutivo di tutti quindi di nessuno, e proprio per questo a-politico. Ma non privo di una visione marcatamente liberista.La proposta di “Quota 102” (che dura solo un anno) è sembrata a Landini poco più di una presa in giro per mascherare uno scalone previdenziale.
Così per mesi il leader rosso ha provato a portarsi dietro tutti e tre i sindacati confederali, rinunciando allo strappo definitivo per non rompere il fronte unitario. Poi ha capito. La Cisl, come gli spiegava il suo leader, “non poteva rompere”. Quando è arrivato l’ennesimo dietrofront, con la retromarcia sulla mini-riforma concordata sul fisco, il sindacalista ha convocato lo sciopero, anche se al suo fianco ci sarà la sola Uil. Meglio soli che male accompagnati.