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Se il cattivo gusto diventa una regola: così il marketing social ha stravolto il concetto di pubblicità

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Risum movere, dicevano i latini. Le campagne pubblicitarie e di marketing, specie sui social, tendono spesso ad alzare sempre più l’asticella, per farsi notare e diventare virali. Purché se ne parli, insomma. Non sempre è così, certamente, ma il rischio è che questo marketing estremo finisca per risultare sopra le righe, se non volgare o sessista. Arrivando a infastidire un pubblico più sensibile o addirittura sollevando un polverone mediatico.

Il confine tra ironia pungente e battutismo fuori luogo è dunque molto labile, e in taluni casi la sensazione è che venga superato senza neanche farsi troppi problemi, pur di strappare qualche emoticon con la risata in più. Di esempi concreti se ne potrebbero fare parecchi. Solo per citarne uno, Control Italia, noto marchio di profilattici, in questi giorni di Pasqua ha pubblicato un post dal chiaro intento ironico, piuttosto allusivo, ma che potrebbe essere letto dagli utenti più suscettibili come eccessivo. Accanto ad un pacco di preservativi e al dolce tipico pasquale, si legge: “Se oltre alla colomba ami anche altri uccelli”. Geni della comunicazione? C’è da dire che il brand punta spesso su questo tipo di campagne, e tra i commenti sono molti gli utenti che apprezzano l’ironia e si complimentano con il pubblicitario.

control

Ma, a prescindere dal caso di specie, negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente gli esempi di pubblicità che ricorrono alle parolacce, al turpiloquio, o ad allusioni sessiste. Doppi sensi, stereotipi di genere e cliché, specie sul corpo e il ruolo sociale delle donne, che ormai dovrebbero appartenere all’archeologia della comunicazione.

Una strategia di marketing ovviamente ben studiata, che punta a dare una sensazione di onestà e vicinanza rispetto al pubblico cui si rivolge, e di conseguenza ispirare fiducia nei confronti del brand.

Le polemiche: dai social alla tv

A volte però non si riesce a ottenere l’effetto sperato, e si finisce per essere travolti dalle critiche. Recentemente nella bufera è finito Taffo, marchio che punta tantissimo su questo tipo di pubblicità ironica e borderline. Si tratta di un’agenzia di onoranze funebri, divenuta negli ultimi anni popolarissima proprio per il suo stile comunicativo sui social, che gioca con un tema scivoloso come quello della morte. Nel caso in questione, al momento del ricovero in terapia intensiva di Silvio Berlusconi della scorsa settimana, in un irriverente tweet l’agenzia ha scritto: “Stavolta siamo pronti eh”. Il riferimento però, spiega la società, non era all’ex premier, bensì alla morte e risurrezione di Gesù, visto che eravamo a ridosso della Pasqua. “Niente da fare, è risorto”, hanno infatti poi twittato il 9 aprile.

Il post, visto il collegamento che molti hanno fatto con Berlusconi, ha scatenato numerose polemiche. Pur senza fare riferimenti espliciti, il ministro Matteo Salvini è intervenuto tuonando: “Quando c’è una persona ricoverata in terapia intensiva, mi domando che tipo di tarati mentali portino a scrivere sui social, ma anche su siti di quotidiani importantissimi, che hanno milioni di lettori, le cose più improbabili, imbarazzanti, disdicevoli, cattive, ma poi c’è gente che vive col veleno dentro, io li compatisco, a me non fanno rabbia, a me fanno pena, quelli che non riescono a fermarsi neanche fuori da un letto d’ospedale augurando il peggio”.

Dopo il caos, Alessandro Taffo, responsabile dell’agenzia di pompe funebri, ha replicato: “Al nostro tweet è stato dato un tono sbagliato – ha detto -. Se chi oggi fa polemica seguirà i nostri canali, si renderà conto che hanno preso un po’ tutti un abbaglio. Siamo ironici, cinici ma mai cattivi. Non abbiamo mai augurato la morte a nessuno e non è nostro interesse”.

Anche in altri casi l’ironia pungente tipica di Taffo ha suscitato polemiche. Nel 2019 ad esempio, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, l’agenzia ha pubblicato un post con la didascalia: “Ci sono due tipi di donne”. Nell’immagine da una parte è rappresentata una bara e dall’altra la scritta “Quelle che denunciano”. Come a dire: le donne che hanno il coraggio e che riescono a denunciare gli abusi subiti da uomini violenti sopravvivono, mentre quelle che non denunciano muoiono, per questo è rappresentata la bara. Un invito a denunciare le violenze subite, anche se a volte purtroppo non basta, che però non è piaciuto a tutti per come era stato proposto.

Le critiche ad alcune pubblicità riguardano non solo i social, ma anche la tv. Probabilmente ricorderete lo spot, in onda circa un anno fa, della Buondì Motta. Un caso che fece molto discutere, visto che una fatina veniva brutalmente schiacciata come fosse una zanzara. Una pubblicità che puntava ad essere irriverente e giocosa, ma che è finita per infastidire molte persone, fino ad essere etichettata come violenta e sessista. Qualche anno prima il noto marchio di merendine aveva realizzato un altro spot virale, anche in quel caso finito nella bufera, nel quale i genitori di una troppo loquace ragazzina venivano colpiti da un asteroide.

Il modello Taffo

Lo stile comunicativo di Taffo ha rappresentato uno spartiacque, divenendo un modello da imitare (o provarci) per molti altri brand. Una comunicazione pungente e riconoscibilissima, sempre in bilico tra ironia e cinismo, con il rischio in taluni casi di finire nel baratro del cattivo gusto. Di certo, almeno basandosi sui numeri del business, un modello di successo.

Una strategia di marketing che punta forte sulla creatività e l’originalità, arrivando a rendere forte e conosciuto il brand e quindi a far parlare di sé. Il timing di Taffo, inoltre, è spesso impeccabile, riuscendo a riprendere con il proprio stile i fatti di cronaca o attualità di cui tutti parlano. E di conseguenza, come molte volte accade, divenendo virali. Tanto che spesso i loro post vengono commentati da vip e altri marchi autorevoli, o ripresi dalle principali testate giornalistiche.

Non è facile ironizzare sulla morte e, piaccia o meno lo stile, Taffo ha dimostrato di saper usare con consapevolezza e strategia i social, scherzando sulla propria attività. Meno efficace, invece, la campagna pubblicitaria lanciata qualche tempo fa da un’agenzia immobiliare di Roma, Lex Immobiliare, che, puntando su una clientela a reddito alto, cercava di valorizzare il pregio dei propri immobili. “Ciao Povery”, “Solo per chi ha la domestica” e ancora “Per diventare di Roma Nord”, si leggeva in molti cartelli apparsi nella Capitale. Un’ironia che però ha fatto storcere il naso un po’ a tutti, perché finiva per ridicolizzare il pubblico meno abbiente.

Black humor sì, ma va fatto con consapevolezza. La sensazione, in definitiva, è che – pur di stupire e far parlare di sé – si tenda ormai a fare a gara a chi la spara più grossa. Nella costante ricerca della battuta più ridanciana o ad effetto. Il rischio però è che a volte si punti troppo a colpire la pancia del proprio pubblico, tralasciando la testa. È il marketing, bellezza.

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