Mario pieni poteri (di Giulio Gambino)
L'editoriale del direttore di TPI Giulio Gambino sul secondo numero del nostro nuovo settimanale
Da quando è il nostro presidente del Consiglio, dal febbraio 2021, sembra che in Italia sia sceso un extraterrestre da Marte. Benché non c’è dubbio che Mario Draghi sia tre spanne sopra il politico italiano medio (se non altro per la sua capacità di stare al mondo) è lecito domandarsi chi sia, come si sia formato, da dove venga quest’uomo così potente che, manco fosse Kissinger, stando ai quotidiani italiani, alza il telefono all’ora che crede e ottiene tutto ciò che vuole.
E, visto che la stampa di casa nostra ha deciso a priori che è un gigante, e che deve andarci bene così, prendere o lasciare, anche se non dice nulla, e visto che nessuno di fronte a quest’uomo così potente si occupa di porre domande nell’interesse pubblico, abbiamo deciso di farlo noi: distanti in ugual misura da chi ritiene Draghi un esponente di qualche loggia segreta che punta a preservare l’ordine della finanza mondiale ma anche da chi lo dipinge come l’eroe buono venuto per fare il bene supremo degli italiani.Ecco perché all’“altra faccia di Draghi”, quella meno nota, dedichiamo la copertina di questa settimana.
A disvelare il suo chiaroscuro è un “amico di vecchia data”, l’economista Giulio Sapelli, che ne apprezza i meriti ma sfata il mito del banchiere del whatever it takes, riconoscendo nelle privatizzazioni degli anni Novanta (quando Draghi ne era il regista al Tesoro) un errore imperdonabile che ancora oggi paghiamo. Ma a parlare in queste pagine è anche un “nemico” giurato del nostro premier, Yanis Varoufakis, che la cura-Draghi l’ha sperimentata da ministro delle Finanze in Grecia. E ci porta in un ascensore in cui si svolge un faccia a faccia di pochi secondi (leggete a pagina 12), drammatico per il suo Paese: un ghigno che strangolò un popolo e lasciò in ginocchio un’intera nazione, non per grandi ideali, come ricorda Varoufakis, ma per salvare le esposizioni delle banche francesi e tedesche. Il tema, dunque, non è solo Mario Draghi ma ciò che quest’uomo vuol fare di noi italiani.
La sua visione non è chiara: in sette mesi il premier ha rilasciato appena un’intervista ufficiale, al Tg1. Se quelli di Matteo Salvini erano “i pieni poteri” in salsa Papeete, quelli di “SuperMario” sono oggi i veri pieni poteri, esercitati nel silenzio e nel non detto, anche perché senza opposizione o contrappeso. Ignora il popolo e il Parlamento, dribbla la stampa, parla solo a chi vuole, come vuole, quando vuole. Oppure tace. Ad esempio, vorremmo sapere come pensa possibile tornare a creare lavoro. Come dare futuro a chi oggi ha 40 anni e vive senza salario.
Come incentivare la parità salariale tra uomini e donne, cosa ne pensa di un salario minimo garantito, e della riduzione dell’orario di lavoro. Della transizione ecologica che con Cingolani non pare essere la priorità. Della rete unica italiana di cui Colao sembra essersi dimenticato. Della riforma della giustizia. Di come fare per combattere l’evasione fiscale. Della posizione italiana rispetto agli Usa e alla Cina. Da un fuoriclasse così ci aspettiamo passi e parole da gigante. All’orizzonte non ne vediamo.