Mario Draghi santo subito
Agiografia satirica del premier incaricato
Estate 2016. Mi sto lavando i piedi con l’unico rubinetto disponibile sulla spiaggia pubblica di Jesolo quando improvvisamente realizzo che quello a fianco a me è Mario Draghi. Estroverso, alla mano, una persona del tutto diversa da quella che dipingevano i giornali dell’epoca. Molto simile a quella che dipingono i giornali di oggi.
Mi spiegò che, pur avendo ricevuto in comodato d’uso un castello dalla Bce, non rinunciava certo a qualche giorno sulla “mitica Riviera Adriatica”. Ecco, questo per me è Mario.
Immaginatevi la gioia allo stato liquido quando ho saputo che il nuovo Ceo dell’Italia sarebbe stata una persona del genere. Un amico. Discreto, misurato. Fottutamente misurato. Non dà mai di matto.
È sposato, gli piacciono le donne, ma se un uomo è bello lo dice senza problemi. Evita la mondanità ma se è a una festa non si mette certo a rompere i coglioni. Non ha i social ma nel caso incontrasse Zuckenberg saprebbe riconoscerlo, e dirgliene quattro se necessario.
Gli piace il buon vino, ai Mondiali ha sempre tifato italiano. Evelyn, la sua domestica, non ha dubbi: “Signor Draghi persona molto pulita“.
Gira tra i rider romani un aneddoto tutt’altro che falso: se le sue amate polpette gli arrivano caldissime anziché tiepide, di mancia lascia buoni del tesoro francese. E una polpetta.
Questo per quanto riguarda il lato più privato. Il lato pubblico tutti credono di conoscerlo e invece ma quando mai. Chi voleva assoggettarlo a una precisa ideologia ha sempre fallito. È vicino alla scuola del socialismo cattolico liberal house-progressive; si rifà alla tradizione di Federico Caffè in economia e a quella del Masaccio quando dipinge. Esatto, dipinge.
Quando nel 2004 una donna femen gli saltò addosso al grido di “no alla dittatura della Bce”, Draghi neutralizzò all’istante il suo fanatismo con un “d’accordo, parliamone”. Adesso quella signora è guarita e Draghi ha fatto il suo nome per il ministero delle Pari Opportunità.
Riconciliatore seriale, saprebbe portare pace anche tra un’anatra e un cane. Sbaglia chi lo paragona a Monti. Nella danza della politica lui è un pezzo unico: se Monti è Carmen Russo, Draghi è Roberto Bolle. Se Mario Monti è stato un dignitoso thè in polvere, Draghi è il Ciobar dopo che hai fatto l’amore.
Avete presente quella sensazione in cui non capisci bene quale sia la soluzione ai tuoi problemi e allora provi con tutto, con il blocco degli sbarchi, con il Mes, con i viaggi in Arabia Saudita, con i navigator e solo alla fine realizzi che è Mario?
Ecco, in questo dilemma esistenziale c’erano impantanati tutti i partiti e tutti gli elettori. E invece era solo voglia di Mario. Che finalmente siede alla destra di Mattarella e che ha ricordato ai politici, ai giornalisti, ai miei contatti Facebook quanto avesse ragione Fabri Fibra quando urlava cosa ti manca? Tranquillo ce l’ho io qua.
In molti chiedono a noi nuovi ultras perché non abbiamo parlato prima: bella raga, perché non sempre è facile ascoltare i propri sentimenti. Spesso si ha paura di non essere ricambiati. E invece l’Italia è il Paese che ama, e siamo sicuri che aprirà il parlamento come una scatoletta di tonno, Mario. Con le ruspe o con il Mes, o sputando sul Mes, chissenefrega, ma preservando questo senso di unità che avevamo perduto.
Ben venga dunque perdere la verginità da servo encomio se lo si fa lodando l’unica vergine che ha saputo placare il drago Renzi. Va esaltato con abnegazione, con passione, senza badare troppo al proverbio che consiglierebbe di porre un freno a questa nostra abbondante bava perché è una cazzata, che ne uccide più la lingua che la spada.
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