Ma voi ve la ricordate, Letizia Moratti? (di L. Telese)
“Etichettarmi di centrodestra mi sembra curioso”. Se cercate uno spot perfetto sul perché non bisogna votare Letizia Moratti alla guida della regione Lombardia, malgrado il suo repentino cambio di casacca, non disperate: ce lo ha offerto lei stessa a "Otto e mezzo"
“Ero fuori dalla politica da più di 10 anni e francamente etichettarmi come centrodestra mi sembra curioso. Sono stata chiamata come tecnico per risolvere un problema”. Fantastica. Se cercate uno spot perfetto sul perché non bisogna votare Letizia Moratti alla guida della regione Lombardia, malgrado il suo repentino cambio di casacca, non disperate: ce lo ha offerto lei stessa, ieri sera, ospite di Lilli Gruber.
Ed era davvero avvincente, osservarla impegnata nella sua (auto) candidatura alla presidenza della regione Lombardia, mentre a Otto e mezzo, dall’alto dell’infinita ed evidente auto presunzione di se, la Moratti provava a convincere gli spettatori di non essere una “trasformista”, ma una donna coerente: “Io non sono mai stata di destra! Io sono sempre stata un tecnico“. Geniale ribaltamento.
Dunque apprendiamo che si possono fare addirittura campagne elettorali sul palco con Silvio Berlusconi e Roberto Formigoni, per venti anni, che si può anche governare da sindaco una città come Milano, che si può diventare per una stagione il più ideologico dei ministri della Pubblica Istruzione, ma che secondo Letizia Moratti, tutto questo si può fare, con lo stesso grado di coinvolgimento del vostro elettrauto quando vi cambia la batteria o dell’idraulico che vi avvita il sifone.
Un semplice “tecnico” a cui non devi chiedere cosa vota, perché ti rimetta a posto la casa o il lavello. Ovviamente non è vero: e bastava vedere la smorfia tirata di donna Letizia, ieri (con uno dei due occhi che pareva più stretto dell’altro, come per un tic rivelatore) per capire che in fondo non era convinta neanche lei di quello che diceva. Ripetitiva, ma anche stupita: “Etichettarmi come donna di centrodestra mi sembra curioso”.
Per questo, incalzata dalle domande del direttore de La Stampa Massimo Giannini, la Moratti si arrampicava sugli specchi, accatastava parole su parole, aggettivi, si avventurava in fumose perifrasi, provava a mimetizzarsi dietro il filtro apparente dell’impersonale. Non un “io” che sceglie e decide, dunque, ma una imprecisata entità a cui “accadeva” di ritrovarsi parcheggiata nei massimi livelli di rappresentanza di una colazione per appena un quarto di secolo.
É ovvio che questa performance vanifichi in pochi secondi tutte le chiacchiere, e soprattutto la ridicola campagna di opinione messa in piedi contro la sinistra, per provare a spiegare che invece, sostenere la mossa di donna Letizia, sarebbe uno strepitoso asset per aiutare il Pd e la sinistra a raccogliere voti a destra. Si legga, sopra ogni cosa il manifesto della realpolitik morattiana pubblicato con sprezzo del ridicolo sul Corriere della Sera da Antonio Polito.
Adesso, a parte il fatto che questa candidatura significherebbe perdere automaticamente frotte di voti tra tutti i sostenitori dell’opposizione, ma chi mai può immaginare davvero che un elettore di centrodestra, dopo aver sentito un tale spericolato esercizio di denegazione pubblica, potrebbe davvero essere attratto dall’ex vice di Attilio Fontana? Chi mai, a destra, potrebbe preferire la spergiura spregiudicata all’originale corrente? Nessuno. E qui è interessante il vecchio trasformismo, quello che tanto detestavano i nostri padri costituenti, l’incubo dei padri della Repubblica, degli antifascisti (ma anche i fascisti) era un’altra cosa.
Il più antico trasformismo italiano, infatti, quello nato durante gli anni della sinistra al potere, ancora sotto la monarchia, ha un suo celebre discorso di battesimo, quello con cui Agostino Depretis, il padre di questa pratica parlamentare, il leader della cosiddetta sinistra risorgimentale, che nel suo slogan più noto, immaginò questo pratica così: “Ma se qualcuno vuole cambiare idea, e vuole venire sulle mie posizioni, chi sono io per impedirglielo?“. Era questo viatico, la scorciatoia morale, attraverso cui legioni di parlamentari eletti nei collegi nominali del sud transumavano da un governo all’altro secondo della loro convenienza.
Il punto – in questo caso – è che la Moratti, se possibile, fa ancora peggio del vecchio politicone acchiappavoti del parlamento sabaudo. E che mentre i vecchi trasformisti risorgimentali spiegavano di avere cambiato opinione, e giustificavano in questo modo il fatto di offrirsi “riverginati” dalla conversione al nuovo potere, la Moratti, dall’alto della sua presunzione, pretende anche di non mollare in punto.
Non è dunque la Moratti che si sposta, ma il mondo che le gira intorno senza avvisarla: non è più il centrodestra la casa che lei abbandona precipitosamente, ma il centrodestra é la squadra che ha tradito la missione della Moratti. E i suoi valori, in una meravigliosa capriola da acrobata con salto mortale, non sono mai cambiati, sono sempre gli stessi: “Io credo di essere una persona che é sempre stata vicina alla dottrina sociale della Chiesa”. Alè. Per questo motivo, un altro momento cult di imbarazzo, dunque, è stato quello in cui Giannini le ha ricordato che proprio lei, non Attilio Fontana, o Berlusconi, aveva detto una delle più terrificanti frasi che si potessero pronunciare durante la pandemia, sostenendo: “Bisogna distribuire gli aiuti e le risorse in base al Pil delle regioni“. Il che significava che ovviamente, a suo avviso, bisognava aiutare di più la Lombardia, sottraendo risorse ad altre regioni (magari alla Calabria o il Molise) che a avessero la grave colpa (ai suoi occhi) di avere un prodotto interno lordo più basso.
Questa frase, per la prima volta, aveva messo nero su bianco la cancellazione principio solidale – altro che dottrina sociale della Chiesa! – in nome di una inedita meritocrazia sanitaria, da declinare (per la prima volta nella storia Europa) in base al censo. Ebbene, anche qui consiglio di andare a rivedere l’espressione glaciale della Moratti, la sua maschera di pietra, mentre rispondendo a Giannini spiegava: “L’espressione… è stata… una espressione che non è molto giusta”. E poi, arrampicandosi sugli specchi: “…..Aiutare una regione che è il motore dell’Italia significa…. Considerare anche una tematica che è aiutare una regione a essere anche motore dell’Italia”.
E questa, a ben vedere, era una toppa che era molto peggio del buco perché si è evince che nell’ideologia Morattiana precede che i ricchi vadano vanno aiutati ad essere più ricchi, e non i poveri ad essere meno poveri. Nell’ultima perla, magicamente, tornava la prima persona morattiana: “Premetto che corro per vincere e vincerò”. Auguri.