Le donne, le bimbe e gli uomini di Lilli Gruber, che amano il potere ma anche le rose e le partite di calcio
Ha fatto discutere la dichiarazione della giornalista Lilli Gruber che, ospite di Propaganda Live, si è lanciata in un grido di sostegno alla libertà e indipendenza delle donne.
“Le pensioni e gli stipendi delle donne sono più bassi da quelli degli uomini. L’occupazione è minore”, ha detto la giornalista. E ha aggiunto: “Noi ragazze, noi donne vogliamo il potere, il potere di decidere perché solo così possiamo cambiare davvero le cose, e poi vogliamo anche le rose. Tiè”.
Questa frase, apparentemente “frivola” assume in realtà un profondo significato nel contesto politico e sociale del nostro Paese, e vale la pena spiegare perché.
Per anni la cultura italiana (ma in generale mediterranea, latina e chi più ne ha più ne metta), ha dipinto la donna come “angelo del focolare”. Su questa immagine si sono espressi politici, scrittori, pensatori, e su questo paradigma sono state costruite leggi, culture, spot pubblicitari, insegnamenti, culture.
Oggi, con l’evolversi della tecnologia, della medicina e della cultura, il ruolo di una donna in Italia sta diventando un po’ più libero.
Nonostante le enormi difficoltà di partenza e le costanti discriminazioni, una donna oggi è un po’ più libera di esprimersi nella figura “tradizionale” di mamma e casalinga, ma anche in quello di donna di potere, donna emancipata, mamma e lavoratrice, o, semplicemente, di donna libera.
Con la libertà di costruire nuovi ruoli, sono però nati nuovi stereotipi, ed oggi una donna di potere, è spesso associata ad un carattere freddo, antipatico, e incapace di costruire relazioni familiari. In questo contesto si inserisce la dirompente provocazione di Lilli Gruber.
Nell’immaginario collettivo, una donna di potere non dovrebbe volere un mazzo di rose. Parliamo, in fin dei conti, di un gesto di cortesia che sembra far riferimento alle più antiche consuetudini di comportamenti dei sessi.
Eppure è proprio in questo paradosso che Lilli Gruber demolisce l’ennesimo stereotipo: sì, una donna di potere può essere quello che sceglie di essere. Apprezzare un mazzo di rose (specialmente se si tratta di scuse, come nel caso dello scontro con Matteo Salvini), o un biglietto per una partita di calcio.
La libertà di essere ciò che sentiamo di essere è espressa non solo nel libro di Lilli Gruber “Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone“, ma anche nella comunità di sostenitori della giornalista.
Tra questi ha conquistato un posto d’onore la pagina Facebook satirica “Le bimbe di Lilli Gruber” fondata da un uomo, Matteo Di Maio, che, intervistato da TPI ci ricorda l’importanza di non rimanere ancorati a stereotipi di genere.
“Si ritiene che una donna debba rinunciare al proprio io per raggiungere ruoli di potere. Non è così, e vale anche per gli uomini”. Perché, è vero, anche gli uomini sono vittime di pregiudizi e di stereotipi – e ce lo ricorda proprio il fondatore della community: “È difficile per un uomo ammettere uno stato di depressione, parlare delle proprie emozioni senza essere visto come un debole. Per questo – aggiunge – si parla poco di depressione maschile e dei tassi di suicidio nella fascia di popolazione maschile”.
E conclude: “Da una generazione di uomini più capaci di esprimere la propria emotività potremo solo averne benefici”. Lilli Gruber lo sta insegnando con gli strumenti che conosce, il suo nuovo libro, i gesti, le parole: ma la libertà di essere chi siamo, è una conquista per cui dovremo lavorare ogni giorno.