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Lezioni da Parigi: cosa possiamo imparare dalle ultime elezioni in Francia (di G. Gambino)

Immagine di copertina
Credit: AGF

A prescindere da quelle che saranno le ripercussioni politiche nelle settimane a venire, le recenti elezioni in Francia dimostrano una cosa: quando la sinistra si unisce (e sfrutta condizioni e soluzioni per essa strategiche) è in grado di competere alla pari, se non addirittura trionfare, contro le destre, anche le più estreme.

Per quanto questo possa confortare alcuni, felici di aver evitato lo spauracchio del RN in Francia, dovrebbe anche far riflettere sul fatto che il voto contro qualcosa e contro qualcuno ha un limite: ti fa sentire molto più forte di quel che sei veramente e ti porta a procrastinare la necessità di intraprendere politiche efficaci, con argomenti, soluzioni e formule capaci di parlare chiaramente agli elettori e di attrarre un consenso stabile e duraturo.

Il Fronte Popolare in Francia è il vincitore indiscusso di questa tornata elettorale legislativa; il RN lo sconfitto eccellente.
Ma questo importante successo politico dovrebbe far riflettere i dirigenti della sinistra francese (riunita in un fronte unico: e questo è già un successo) e dovrebbe essere un monito per quelli della sinistra italiana (suddivisa in mille pezzi: e questa è da sempre una cattiva notizia).

Nel giro di poche settimane il voto francese ha portato a un capovolgimento quasi completamente inatteso. Dopo il primo turno infatti Bardella, leader del RN, appariva essere il leader in pectore di una Francia arrabbiata risvegliatasi poco dopo l’exploit delle Europee sotto una nuova era di nazionalismo; Le Pen il playmaker dei nuovi equilibri nazionali ed europei alla luce di un riscatto a lungo agognato ma mai divenuto concreto.

Il secondo turno ha però ribaltato le aspettative. Si è dibattuto a lungo sulla opportunità della mossa di Macron, di sciogliere l’Assemblea Nazionale e di andare al voto: è stata strategica e lungimirante oppure un azzardo che ha tenuto il Paese intero con il fiato sospeso?

Non c’è dubbio che, in fin dei conti, il presidente francese sia uno dei vincitori di questa battaglia all’ultimo respiro, da molti ribattezzata l’elezione più importante degli ultimi anni, ma è anche vero che l’illusione degli elettori del RN restituirà ancora maggiore rabbia e frustrazione a un popolo che si sente escluso dalla Parigi che conta. Porterà, forse, i seguaci di Bardella e Le Pen anche ad un ulteriore scetticismo verso la democrazia in nome della quale il fronte comune che si è venuto a creare, e a cui Macron deve la pelle, ha condotto la sua campagna.

Ed è da questo che la sinistra, tutta in Europa, deve rivolgere lo sguardo: un conto è la sacrosanta crociata per la costituzione, i diritti, il rispetto dei vincoli democratici e istituzionali; ben altro rendere tutto ciò l’unico appello e ancora di salvezza per la propria identità politica ed elettorale.

Da Parigi ha il compito di ripartire la sinistra: per comprendere, oltre una semplice autocritica, che non è il “voto contro” la soluzione che milioni di europei si aspettano come alternativa alla destra. Ma una radicale rielaborazione del proprio verbo. Diversamente i giorni del Fronte Popolare, e quelli della sinistra tutta, sono contati.

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