Indiscreto: Letta vuole solo palazzo Chigi. Se nel 2023 non sarà premier addio Pd
Enrico Letta detto “il temporeggiatore” non ha intenzione di cambiare modus operandi. Anzi è convinto che proprio grazie a questa sua innata propensione (costantemente consigliato anche dal suo mentore, Romano Prodi) continuerà, dopo il Quirinale, la sua serie fortunata.
E così dal Nazareno si va avanti nello stesso modo anche sul dossier legge elettorale. Letta non ama il proporzionale, sa per certo che sarà molto difficile cambiare legge elettorale ma non può dirlo apertamente perché i gruppi parlamentari dem sono schieratissimi per modificare il maggioritario, come si evince anche dall’intervista a Repubblica del ministro Franceschini.
‘È un po’ la stessa cosa che è successa per la candidatura della Belloni al Quirinale”, dice un parlamentare dell’opposizione interna, “il segretario la voleva – con buona pace dello stesso Letta che ha sempre dichiarato di no – ma l’intransigenza dei suoi gruppi parlamentari gli ha consentito anche di sfilarsi subito dall’inghippo costruito da Conte e da Salvini’.
Come dire che la stessa tattica guardinga il Nazareno la terrà sul proporzionale. La conferma del Rosatellum sarebbe l’evoluzione naturale del suo piano A. Il campo largo infatti con tale legge elettorale può essere una conseguenza naturale, anche perché le forze minori, da Calenda a Renzi, possono essere attratte con una tariffa da last minute. Letta inizia a far conto anche sul suo ‘stellone’, per ora, anche solo casualmente gli sono andate tutte in buca. Impossibile immaginare che da qui alle elezioni il competitor Salvini possa combinarne un’altra delle sue?
Per dire che il segretario del Pd non considera affatto improbabile la possibilità di vincere il prossimo confronto muscolare con le destre. Ovvero vincere le elezioni ed un minuto dopo traslocare a Palazzo Chigi: vero obiettivo che il temporeggiatore di Pisa ha nel mirino da mesi. “In pratica per Letta o la va o la spacca, non è interessato a stare altri anni alla guida del Pd. Se così non fosse, avrebbe già indetto un congresso che per lui sarebbe senza insidie”, spiega il parlamentare della minoranza.
Che tradotto vuol dire una sola cosa: o nel ‘23 si insedia a Palazzo Chigi, o torna a lavorare a Parigi, il Pd non è nel suo futuro.