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Legge, ordine e manganelli (di M. Cirinnà)

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Quando su fatti di cronaca interviene il Presidente della Repubblica significa che si è superato il limite.

Leggo con sgomento una recente agenzia di stampa che riporta quanto detto dal segretario della Lega (non lo nomino neanche!) “giù le mani dalle nostre forze dell’ordine” Nostre? Nostre di chi? Della Lega? Forse sta di nuovo col bicchiere in mano in modalità Papeete! Lasciamo stare… Fortunatamente mi sembra, dai sondaggi, che i cittadini elettori abbiano già capito con chi hanno a che fare!

Chiarisco subito che il ruolo delle forze dell’ordine è elemento centrale della democrazia, poiché hanno la funzione di garantire la sicurezza dei cittadini e dell’ordine pubblico; a queste funzioni corrispondono delle responsabilità.

Tali responsabilità devono avere un limite, direi un bilanciamento, dato dalla possibilità riconosciuta al cittadino di tutelarsi da eventuali abusi. È questo l’elemento centrale che ho riscontrato nel richiamo del presidente Mattarella che ha detto chiaramente “l’autorevolezza di una forza di polizia non si misura con le manganellate ma con la capacità di dialogo e di risoluzione dei problemi” .

Deve essere infatti ben chiaro che i comportamenti visti pochi giorni fa a Pisa vadano sottoposti ad una immediata verifica di legittimità in sede penale e amministrativa; ma è proprio su questo elemento di giustizia che sorgono molti dubbi, non solo a chi come me si occupa da sempre di diritto , ma anche a chi si trova sul campo. Leggo infatti una dichiarazione di Felice Romano segretario del SIULP che dice “da anni invochiamo anche l’uso delle bodycam su tutte le uniformi, ma è la Privacy che ci blocca”

Ecco il vero punto della questione: la cronaca ci ha purtroppo dimostrato come in molti casi sia stato impossibile garantire tutela giudiziaria alle vittime di abusi da parte delle forze dell’ordine, per la difficoltà evidente di riconoscere in modo certo l’identità dell’autore degli abusi.

Ma le soluzioni ci sarebbero e sono state indicate, oltre 10 anni fa, dalla risoluzione 2011/2069 (INI) del parlamento europeo che nella raccomandazione 192 invita gli Stati membri ad assicurarsi che i propri agenti di polizia utilizzino un numero di identificazione.

Bene, nella scorsa legislatura quando ero in Senato ho depositato un testo di legge (presentato anche alla Camera dei deputati dalla collega Giuditta Pini) dal titolo “disposizioni in materia di identificazione del personale delle forze di polizia in servizio di ordine pubblico e di applicazione di microcamere alle uniformi “.

Tale provvedimento, ripresentato da nuovi colleghi senatori del Pd ma ad oggi completamente ignorato e mai neanche discusso in commissione, è già in vigore in molti paesi europei, tra i primi: Francia, Regno Unito, Grecia.

In tema di bodycam ricordo un parere del Garante della privacy del lontano luglio 2014 che ne ha autorizzato l’uso durante le manifestazioni in caso di effettiva necessità.

Penso che su questa situazione di poca chiarezza dovrebbe intervenire il Parlamento con una norma che ponga delle semplici e chiare regole: prima di tutto va stabilito che chiunque eserciti l’ordine pubblico debba indossare la divisa, che sia obbligatorio avere sul casco e sulla divisa stessa un codice identificativo, con il conseguente divieto di scambio con casco o indumenti altrui, e infine l’utilizzo delle microcamere (bodycam).

Con queste semplici regole di identificazione si otterrebbe un duplice risultato: far sì che possano con certezza essere perseguiti gli abusi contro il cittadino al quale la costituzione riconosce il diritto di manifestare liberamente; ma ancor di più si otterrebbe la tutela di quei tanti bravi lavoratori delle forze dell’ordine, che sentendo il peso della responsabilità della divisa che indossano ne onorano l’uso e ne riconoscono i limiti, e che purtroppo spesso vedono la loro onorabilità infangata dal comportamento di altri loro colleghi certamente più sensibili e più esaltati del diktat del governo nero nero, di destra destra, che invoca legge e ordine.

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