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Leader ci sarete voi (di Giulio Gambino)

Immagine di copertina
Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Quando ho incontrato per la prima volta Joshua Wong, animatore delle proteste che infiammano Hong Kong da diversi mesi ormai, mi ha colpito la sua determinazione, il suo sguardo sul mondo, la sua maturità e la sua lucidità.  Joshua Wong è nato nel 1996, ha 23 anni. È senza ombra di dubbio uno fra i più giovani volti che oggi calca il proscenio internazionale della politica.

Quando ho incontrato per la prima volta Mattia Santori, il portavoce del movimento delle sardine, sono rimasto anche in quel caso profondamente colpito dalla sua maturità e dalla sua lucidità; impressionato da come Santori avesse ben chiara quale fosse la sua visione delle cose, e anche come la politica dovesse cambiare secondo lui.

Per un movimento nato poche settimane prima, l’idea espressa da Mattia Santori stupisce per lucidità e visione quasi come se quel germe emerso nelle piazze delle sardine covasse da mesi, addirittura anni, nella mente del giovane bolognese e in quella di altri della sua stessa età.

Ma – alcuni dicono – “le sardine non hanno alcuna idea, alcuna visione, alcuna strategia”. A coloro che pensano che il movimento di Santori o quello delle proteste di Hong Kong siano fenomeni sempre e solo anti-qualcosa e mai pro-qualcosa voglio dire che non riescono a comprendere che entrambi sono fenomeni di protesta, è vero, ma anche profondamente costruttivi e riformatori.

Non è vero, tanto per essere chiari, che Mattia Santori e le sardine sono solo ed esclusivamente contro Matteo Salvini e non è vero che il loro movimento, così come quello di Hong Kong in senso lato, sia un movimento scorbutico volto solo ad annientare quanto di buono (poco o tanto che sia) venga già fatto dalla classe dirigente attuale, quasi fosse necessario annullare una generazione politica legata al passato solo in quanto tale.

Al contrario il movimento delle sardine ha espresso proprio nella complessità della società odierna uno dei suoi principi fondatori, nel tentativo di riformare in senso critico lo spirito civico del cittadino rimettendo così al centro l’importanza del voto, tanto bistrattato negli ultimi anni. Ne abbiamo parlato proprio con Santori in un’intervista che potete trovare a questo link.

Sono diversi oggi i giovani leader alla ribalta, e noi ne avevamo parlato proprio lo scorso aprile in questo articolo: da Rami a Mattia, passando per Greta e Joshua Wong. Sono tutti nati prima prima del 1980 e hanno una capacità di comunicare che i leader di oggi si sognano appena.

Parlano da giovani a un mondo di loro coetanei che non trova rappresentanza alcuna pressoché in nessun parlamento della faccia della terra. Una cosa però colpisce, ricorrente e comune in tutti questi giovani volti, ed è l’idea che ciascuno di essi non ha la benché minima idea di definirsi leader, di ergersi a capo popolo del movimento che rappresenta.

È questa una dinamica in netto contrasto rispetto a quella a cui per anni eravamo stati abituati: un uomo, di nome e di fatto, leader solo al comando. I giovani protagonisti delle piazze che infiammano il mondo, benché assolutamente consapevoli dell’importanza di essere fonte di ispirazione per una generazione allo sbaraglio priva di ogni diritto (e soprattutto di lavoro), mostrano una naturale opposizione alla leadership, quasi fosse una cosa da scongiurare e da evitare a tutti costi.

Non sappiamo il motivo di questa scelta ma colpisce che sia un comune tratto distintivo della propria comunicazione politica contemporanea. Non credo lo facciano perché non vogliano assumersi una responsabilità o perché non abbiano coraggio, altrimenti non avrebbero mai portato avanti un movimento così fortemente in contrasto rispetto alla politica di questi giorni.

Eppure è da notare il fatto che, sempre più spesso, giovani donne e uomini – uniti intorno a un obiettivo comune, una lotta comune, una causa comune – assumono insieme un valore intrinsecamente più forte. La folla e non il singolo.

Ci auguriamo, certo, che la battaglia di questi giovani possa avere un futuro roseo. Il pluralismo del pensiero è forse uno fra gli elementi che più sono mancati alle classi dirigenti. Ma non conosciamo finora società che nella storia siano durate a lungo senza un leader.

Leggi anche:
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