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Home » Opinioni

Il #Metoo non c’entra niente col processo-show di Johnny Depp

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Mentre negli Stati Uniti si assisteva alla 230esima, 231esima e 232esima sparatoria di massa dell’anno, molti americani stavano seguendo con grande interesse il processo-spettacolo televisivo dell’attore Johnny Depp e della sua ex moglie, l’attrice Amber Heard. A giudicare dagli estratti che ho visto online mi sono chiesto per quale motivo un grande talento come Depp abbia voluto un processo pubblico in cui i panni sporchi della sua travagliata vita venissero lavati davanti a milioni di spettatori voyeuristi. Il dibattimento ha portato alla luce un’esistenza caratterizzata da gravi problemi di droga e alcol, eccessi di rabbia selvaggia, comportamenti brutali. Nei messaggi di testo agli atti Depp minaccia di ferire la sua allora moglie: «Spero che si stia decomponendo nella parte posteriore di un baule»; «Mi scoperò il suo cadavere bruciato per assicurarmi che sia morta».

È chiaro che tra i due coniugi ci fosse una discreta quantità di violenza fisica, anche se si può discutere su chi ha fatto cosa a chi. Depp, ad esempio, mandò un sms alla moglie dicendole: «Ti ho dato una testata in fronte. Ma non ti ho rotto il naso». Heard ha affermato che lui l’ha colpita con un telefono e, sulla base di prove fotografiche di lividi sul viso, ha ottenuto un ordine restrittivo. Depp, inoltre, durante una colluttazione si è tagliato parte di un dito, e afferma che la ferita è stata causata da una bottiglia di vetro lanciata da lei.Quando l’attore ha citato in giudizio un tabloid britannico per essersi riferito a lui come un «picchiatore di moglie», il Tribunale ha dato ragione al giornale, affermando che le accuse contro Depp erano «sostanzialmente vere» e che «la grande maggioranza delle presunte aggressioni della signora Heard da parte del signor Depp si è dimostrata conforme agli standard civili».

Al contrario, invece, la giuria americana ha condannato la donna: una sentenza che è stata interpretata come un ripudio dell’intero movimento #Metoo. Migliaia di utenti di Twitter si sono precipitati in difesa di Depp – «Johnny for president!» – e hanno accusato Heard di essere un’avida bugiarda. Certo, viene da chiedersi quanto la giuria sia stata influenzata da questi sentimenti di un’opinione pubblica forse convinta che si trattasse di una gara di popolarità tra due celebrità o di un referendum sul fatto che #Metoo fosse andato troppo oltre. In realtà, il processo avrebbe dovuto avere una funzione molto più semplice: stabilire cioè se Heard abbia infranto la legge quando ha scritto un pezzo d’opinione su un giornale in cui si auto-descriveva (senza citare Depp) come vittima di abusi domestici. Il verdetto poteva sembrare molto facile: la donna era costretta a sopportare continui scontri, durante i quali Depp ha distrutto mobili e altre cose e ha fatto ricorso ad abusi verbali e minacce. Peraltro, c’è chi pensa che Heard abbia gettato benzina sul fuoco e abbia a sua volta compiuto atti di violenza fisica e verbale nei confronti di lui. È fuori dubbio che il loro fosse un rapporto profondamente malato e che quindi fosse del tutto ragionevole per lei scrivere un articolo descrivendosi come una persona con un’esperienza di abusi domestici. Dopotutto il processo verteva su un caso di diffamazione/libertà di parola, non sul fatto se Depp fosse o meno colpevole di aggressione e percosse. Immagino che ciò sia quello che accade quando il #Metoo incontra i social media.
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