Italiani, un popolo di poeti che ha perso la bussola. E che cestina il prossimo come su Tinder
Il patrimonio culturale italiano negli ultimi anni è stato ampiamente trascurato, le persone sono state dimenticate, lasciate alle prese con i propri problemi. Di tutto questo bisogna tornare ad occuparsi. Il commento di Fiorenza Loiacono
Italiani, un popolo di poeti che ha perso la bussola
Guardando l’attuale condizione italiana, viene da domandarsi che fine abbia fatto questo popolo di poeti, santi e navigatori. Questo Paese ha perso il suo afflato lirico.
La poesia nell’esistenza.
Tutti litigano senza riuscire a cavarsi d’impiccio. In effetti l’Italia non è mai stata particolarmente padrona di sé, ovvero in grado di occuparsi degnamente delle sue risorse e del suo potenziale.
Questo patrimonio negli ultimi anni è stato ampiamente trascurato e di questo tesoro bisogna tornare ad occuparsi. Della natura, della cultura, dell’arte e delle persone che sono state dimenticate, escluse, lasciate alle prese con i propri problemi.In Italia le persone vanno pagate, valorizzate, non sfruttate fino alla pena e alla resa incondizionata. Come se non valessero niente.
In questo Paese bisogna ripartire dall’essenza, dal nucleo fondante di ogni singola donna e singolo uomo affinché possa sviluppare il suo potenziale. Cioè quello che può, che sa fare secondo le sue conoscenze e la sua natura. Un natura che venga declinata secondo lo stile e la maturità della civiltà. Questa espressione piena, degna, a cui viene data la possibilità di liberarsi ed emergere è la condizione fondante della felicità.
E quando i cittadini si sentono felici si apre anche la strada per la generosità e l’ospitalità. Per l’apertura al resto del mondo. Questo Paese non conosce i rudimenti esclusivi che rendono migliore, viva, ricca, la vita delle persone. La passione per la propria esistenza.
E la gente in questo momento storico ha bisogno esattamente di questo. Di esprimersi, elevarsi, di mettere a disposizione della comunità quello che sa e che può imparare.
Lontano dallo spreco, dall’immondezzaio social, dove l’umanità non cresce ma sversa sé stessa. Tra nugoli di informazioni che sottraggono spazio alla riflessione e alla conversazione.
La base fondante della civiltà. Gli italiani devono riprendere ad amarsi, secondo uno spirito di unità, senza consegnarsi alla violenza, recuperando il sentimento del vivere civile e del sapere democratico. I rapporti vanno recuperati, i legami rinsaldati, le persone vanno scoperte, emendate, non selezionate e gettate via, come accade su Tinder.
Ogni donna e ogni uomo deve capire che all’interno di questo universo, su questa terra dove ci è stata data la possibilità di vivere e coabitare, ognuno può essere e diventare artefice del proprio
destino. Homo faber fortunae suae, che significa entrare in relazione e connettersi con le proprie caratteristiche e le proprio risorse per coltivarle ed elargirle al mondo. Un mondo che dia alle
persone la possibilità di recuperare e realizzare la dote ricevuta in sorte. La natura e i saperi. La fortuna interiore.
Per questo serve rafforzare la ricerca, la scuola, l’università, l’educazione, l’esplorazione dell’interiorità, con un movimento che scagli per aria i telefoni, la plastica che ha ammorbato le nostre esistenze, e ridia alle persone la possibilità di poter credere in sé stesse senza cedere allo sconforto e alla disillusione.
Le persone vanno riportate alla realtà del piacere conquistato. Un piacere vissuto, ricercato, non speso a buon mercato sulla pelle degli altri.
Chi sa deve condividere con chi non sa, senza umiliare né mortificare. La scienza è democratica, il sapere è democratico nella misura in cui viene insegnato e appreso. L’italiano va studiato, imparato per dare spazio ai pensieri. L’Italia è un paese pieno di bocche da sfamare, di affetto, fiducia e cultura. E di questa elargizione ognuno deve rendersi interprete e protagonista.
Ogni essere umano deve diventare misura di tutte le cose, cioè pienamente consapevole della propria esistenza e di quella degli altri, per estendere il proprio sguardo alle cose del mondo.
Per potersi muovere agevolmente nel tempo e nello spazio a disposizione, per capirlo e renderlo quanto più bello e proficuo possibile. Il giardino della propria esistenza, della propria vita, delle
proprie relazioni, a cui bisogna tornare ed essere riconoscenti. Affinché ogni cosa in questo mondo riacquisti il senso e la luce della presenza.