Italia Viva e il fattore Instagram: se la cosa più innovativa che emerge da questa Leopolda è molta forma e poca sostanza
L'opinione di Giulio Gambino sulla kermesse renziana
Italia Viva e il fattore Instagram
Matteo Renzi è tornato. Matteo Renzi tre anni dopo (dicembre 2016 – ottobre 2019). Ha perso peso. Ha recuperato vigore. Parla convinto di ciò che dice. Spara a zero. Prima contro Matteo Salvini. Poi la stoccata finale al M5S. C’è anche un forte senso di riscatto nelle parole dell’ex premier.
Sono le 13,15 alla Leopolda di Firenze, la decima edizione, la più attesa. Matteo Renzi sta parlando da circa quarantacinque minuti. È il discorso conclusivo della due giorni renziana, della rinascita del Boy Scout, della consacrazione del suo nuovo partito: Italia Viva.
Il punto fondamentale, come lo chiama lui, arriva quasi tutto alla fine. E si articola in tre punti: 1. Noi non abbiamo paura. 2. “Salvini mi attribuisce il 4 per cento. Ebbene, anche fosse, quello del 3-4 per cento ti ha fregato lo scorso agosto, caro Salvini”. 3. Mai un’alleanza con il Movimento 5 Stelle.
C’è naturalmente molto altro nel discorso di Renzi. C’è l’idea di aver creato Italia Viva per salvare l’Italia da Salvini e dal suo progetto sovranista che mirava al Colle, c’è l’accoglienza per tutti di una nuova casa, “la casa in cui mi sento davvero a casa”, e altro ancora.
Eppure, al netto della sparata a zero contro Salvini (Renzi sembra già interpretare la politica del futuro prossimo incentrata tutta su un eterno-weekend Leopolda vs Piazza San Giovanni) e della chiusura netta al M5S e parziale “ai miei ex amici del Pd”, la sensazione è che i contenuti di questa Leopolda 10 contassero di gran lunga meno rispetto alla forma. Le parole d’ordine sono state: femminismo, green e ambientalismo, garantismo, scuola, lavoro, giovani e, inutile a dirlo, futuro.
“Donna e futuro: sono la prima e l’ultima parola della carta dei valori di Italia Viva. Perché questa decima edizione della Leopolda è un debutto e uno spartiacque tra il prima e il dopo”. E allora ecco che casa, coraggio, pari opportunità diventano un must, come riportato da Sara Dellabella in questo articolo su TPI.
A chi non piacciono? Il punto però è proprio questo: rischiano di essere parole prive di significato, intrise di valori generici riconducibili un po’ a chiunque. È affascinante l’idea che Renzi pensi al 2029. E anche il fatto che voglia andare oltre l’odio, per non cavalcare le paure dell’onda populista e sovranista. Ma non pensare alle paure non vuol dire non fornire risposte concrete, anche scomode, dure, controcorrenti, ma chiare ed attuabili, a chi quelle paure le ha e a chi si trova in difficoltà.
Da questa kermesse è emerso che Renzi è tutto fuorché vicino agli ultimi, e infatti Italia Viva sarà tutto ma non un partito di sinistra, come ci ha spiegato il deputato Michele Anzaldi. L’impressione dominante è che i discorsi dell’ex dem siano oggi perlopiù costruiti su una, due, tre o infinite categorie e sotto categorie socio-demografiche rappresentative di un elettorato che vuole catturare e includere – quasi fosse un algoritmo social – e non su alcuni imprescindibili valori a cui rifarsi per mettere in atto una politica alternativa a quella vista negli ultimi 15 mesi, per esempio.
In un’intervista raccolta da Madi Ferrucci e Marta Vigneri su TPI, il creatore del logo di Italia Viva, realizzato dall’agenzia di comunicazione Proforma, fondata da Giovanni Sasso e i suoi soci, ci ha detto che ha sentito la necessità di staccarsi dallo stile classico dei partiti tradizionali: “La spunta rappresenta la V delle cose fatte (come quella di Whatsapp, ha detto Renzi, ndr) ma anche le ali di un volatile, mentre il colore rosa traduce cromaticamente l’impronta femminista del partito. Gli altri colori caldi sono nel segno delle nuove tecnologie dei social e richiamano Instagram”.
L’idea che questa Leopolda, sul piano estetico e anche concettuale, fosse incentrata in larga parte sull’innovazione, sulla tecnologia e anche sul colore del social del momento porta a pensare che Renzi ambisce a essere il portavoce – il guru – di un partito i cui riferimenti culturali e persino politici non vanno molto più in là dell’essere smart, pop e vicino a un mondo giovane. Dove, beninteso, “smart, pop e giovane”, appunto, se declinati solo in questo modo, significano ben poco e risultano a loro volta parole prive di valore.
Un po’ come l’essere a favore dello sviluppo sostenibile per un clima migliore, l’essere un partito femminista, aperto e accogliente, garantista, dove la scuola è il pilastro numero uno della politica economica e il lavoro quello numero due, in cui l’immigrazione va combattuta – di fatto – “aiutando il continente africano a casa loro e, così, fermando gli sbarchi” (paradossalmente, questa, l’unica cosa più o meno concreta fra tutte quelle citate alla Leopolda).
Senza dubbio, va detto, la Leopolda è molto più della rappresentazione plastica in salsa Instagram di un mondo smart, giovane e pop, e i tavoli di lavoro che tengono banco per 72 ore sono un incredibile elemento innovativo per la realizzazione di idee e progetti volti a essere proposti come disegni di legge. Ma ciò che alla fine rimane più di ogni altra cosa, specie agli occhi dell’elettore medio, è il gioco-partito di Renzi, fatto e cucito su persona.
Cara sinistra, te la stai prendendo col Matteo sbagliato (di Lorenzo Tosa)