Gaza come Kiev segna la disfatta dell’Occidente
I Brics che si allargano. Il ritiro dall’Afghanistan. La guerra in Ucraina. E ora l’escalation Hamas-Israele. C’è una parte di mondo, capeggiata da Cina e Russia, che fiuta la decadenza di Stati Uniti ed Europa. E sente di poter sovvertire l’ordine globale
Il primo che ebbe il coraggio di dare un nome al demone che ci sta divorando fu papa Francesco, che nel 2014 parlò espressamente di «Terza guerra mondiale a pezzi». Aveva ragione, ma è evidente che ci sia qualcosa di più e di peggio.
In nove anni, infatti, si è scatenata un’autentica rivolta di quello che un tempo avremmo chiamato “Terzo mondo”, capeggiato da Russia e Cina e favorito da alcune vicende destinate a segnare in maniera decisiva questo secolo. La pandemia, ad esempio, ha posto definitivamente termine alla stagione della globalizzazione liberista, mostrandone tutti i limiti e rendendo palese la sua insostenibilità sociale, oltre che economica.
Il ritiro dall’Afghanistan, con conseguente ritorno in auge dei talebani, ha costituito una risposta formidabile, e drammatica, all’arroganza di chi vent’anni prima accusava di essere amico di bin Laden chiunque facesse notare l’inutilità e la dannosità dei bombardamenti a tappeto su un Paese già poverissimo.
La guerra in Ucraina ci ha indotto a riflettere su quanto avessero ragione coloro che, sul finire degli anni Novanta, sostenevano che l’allargamento della Nato a Est, in barba agli accordi verbali stipulati a suo tempo con Gorbačëv, alla diplomazia e al buonsenso, avrebbe favorito la reazione russa, dettata da un antico e indomabile orgoglio nazionale e prontamente materializzatasi sotto forma di un regime dispotico.
L’escalation della mai sopita crisi israelo-palestinese, infine, ci ha inferto il colpo di grazia, mettendo in risalto l’insostenibilità di un governo di estrema destra come quello di Netanyahu, la cui azione espansionistica nei territori palestinesi ha contribuito non poco a gettare benzina sul fuoco, portando consenso a un’organizzazione disdicevole come Hamas.
La sconfitta dei dogmi imposti al mondo dopo l’abbattimento del Muro di Berlino rappresenta, dunque, la disfatta dell’Occidente, sfidato apertamente da coloro che ne hanno patito le peggiori conseguenze e asserragliato nella propria fortezza, intento a rivendicare dei presunti “valori” che è il primo a calpestare da più di trent’anni e contestato anche al proprio interno da un’opinione pubblica che si è in buona parte resa conto di essere stata condotta sull’orlo del baratro.
Non solo: basta guardare all’allargamento dei Brics e all’attrattiva che esercitano su un’altra quarantina di Paesi per rendersi conto che il collasso del modello occidentale sta conducendo il pianeta a uno «scontro di civiltà» che manda in soffitta l’illusione della «fine della storia».
Tra Huntington e Fukuyama, ossia tra un vero conservatore e un finto progressista, pertanto, ha stravinto il primo, e sinceramente è una tragedia. Perché la fine della globalizzazione, ormai auspicata anzitutto dagli Stati Uniti, coscienti che si tratti di una battaglia che sono destinati a perdere, rischia di innescare una miriade di conflitti destinati, inevitabilmente, a saldarsi.
Del resto, quello in Ucraina altro non è che lo scontro fra due imperialismi: l’uno si credeva egemone e invincibile, l’altro è risorto dalle sue ceneri, il tutto sulla pelle di un popolo che è vittima di entrambi. Allo stesso modo, la barbarie che sta andando in scena a Gaza seppellisce le residue speranze di giungere alla soluzione «due popoli-due stati», purtroppo impraticabile non esistendo più due stati e, meno che mai, due popoli.
Israele, difatti, è in preda a un’instabilità politica senza precedenti mentre in Palestina un gruppo di tagliagole gode – ahinoi – del consenso di un popolazione allo stremo, essendo venute meno le prospettive che si erano aperte in seguito agli accordi di Oslo fra Rabin e Arafat.
L’Europa non ha una politica estera né una vera autonomia decisionale. Gli Stati Uniti attendono le presidenziali del prossimo anno come un verdetto sul proprio destino. E il vuoto causato da questa duplice decadenza genera mostri, che senz’altro si detestano fra loro ma fiutano l’opportunità di sovvertire l’ordine globale e non intendono lasciarsela scappare. Peccato che incomba su di noi l’ombra dell’atomica.