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Home » Opinioni

L’I.A. può generare disuguaglianze: dobbiamo affrontare la questione a livello globale

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Lo sviluppo di questa tecnologia rischia di colpire soprattutto i meno abbienti e istruiti e può far perdere 300 milioni di posti di lavoro

Che l’intelligenza artificiale sia una grande opportunità accompagnata dal rischio di portare con sé tanti problemi, e che non affrontare tali problemi il prima possibile rischia di farli diventare enormi, è qualcosa che sappiamo da quando questo argomento è al centro di un ampio dibattito innescato circa un paio d’anni fa. Problemi di natura sociale, tecnologica e anche economica, con potenziali ricadute sulla vita di milioni di persone e con il rischio che un software il cui potenziale potrebbe accorciare le distanze tra le persone finisca per rendere le disuguaglianze ancora più profonde.

Lo ha detto chiaramente in un’intervista a Forbes Luis Von Ahn, fondatore e amministratore delegato dell’app per imparare le lingue Duolingo nonché aperto sostenitore dell’intelligenza artificiale, il quale ha però spiegato come lo sviluppo e la crescente diffusione di questa tecnologia rischi pian piano di colpire soprattutto le persone meno abbienti e meno istruite, sia negli Stati Uniti che nei Paesi più poveri.

Una preoccupazione che sembra essere in linea con le stime di Goldman Sachs che lo scorso anno aveva messo in guardia sui 300 milioni di posti di lavoro a rischio nei prossimi anni nell’ambito di circa due terzi dei settori di impiego a causa dell’intelligenza artificiale. Una potenziale bomba sociale che, come ha spiegato Von Ahn, rischia di colpire soprattutto gli strati più vulnerabili. Se poi pensiamo che la stessa intelligenza artificiale generativa, sempre secondo Goldman Sachs, potrebbe portare a una crescita del Pil del 7 per cento nei prossimi dieci anni, il rischio è che un taglio ai posti di lavoro tra gli strati più vulnerabili e un Pil più alto rischiano di portare in tutto il mondo una bomba sociale che aumenti le disuguaglianze se non si affronta la questione con le dovute misure.

Questa situazione, allora, va gestita per tempo e con una strategia globale. Non esiste una risposta esatta per fare in modo che questo cambiamento possa essere amministrato, ma certo fare finta di niente non porterà lontano. Persone come il politico e imprenditore statunitense Andrew Yang da anni pongono la questione, proponendo un reddito universale per tutti per colmare il divario di lavoro e di reddito che rischia di essere creato dall’automazione: proposta che ha sollevato sicuramente dubbi e perplessità ma che rappresenta un valido punto di partenza per affrontare il dibattito.

Circa 20 anni fa ci trovammo tutti investiti dalla nuova realtà dei social network. Non avevamo idea di cosa fossero, in breve tempo ci siamo trovati totalmente travolti dal loro ruolo centrale nella società che ha rivoluzionato rapporti umani, comunicazione e informazione. Non si commetta stavolta lo stesso errore, si affronti la questione per tempo e si faccia in modo che l’intelligenza artificiale non ci sfugga di mano così come che l’automazione del lavoro non si trasformi in una drammatica spaccatura sociale, ma in un modo per migliorare la qualità della vita delle persone a fronte di una minore quantità di ore lavorate.

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