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La Sicilia devastata dagli incendi dolosi nel silenzio generale: così la transizione ecologica è a rischio

Immagine di copertina
Credit: Movimento Antincendio Ibleo

Oltre 400 incendi in Sicilia nelle ultime due settimane. Domenica 4 luglio 2021 l’area industriale di Melilli è stata distrutta dalle fiamme, che hanno rischiato di raggiungere anche un oleodotto e che hanno portato su Siracusa un pesante fumo nero e una pioggia di cenere.

Nella Sicilia sud-orientale, aree residenziali, uliveti e agrumeti sono stati incendiati. Alcuni tratti autostradali si sono trasformati in muri di fuoco. Grandi distese di grano sono state date alle fiamme.

Le città e i territori della Sicilia sono sotto aggressione continua, con attacchi che, per la frequenza e i luoghi, sembrano guidati da strategie criminali che stanno impoverendo sempre più il territorio.

Nel 2021 la situazione è notevolmente peggiorata, e gli incendi sono stati appiccati intenzionalmente in tutta l’isola. Ma ciò che è stato preso di mira più intensamente è stata la rete di riserve, parchi e oasi naturali.

Lunedì 5 luglio sono stati incendiati i preziosi pantani Granelli, all’estremità meridionale della Sicilia, gettando nel panico e nella confusione fenicotteri e uccelli migratori. Chissà quanti nidi di uccelli protetti sono andati in fumo con la distruzione del loro habitat. E assieme a loro migliaia di ore di impegno di chi ha voluto proteggere queste specie ed ecosistemi.

La riserva naturale della Valle dell’Anapo, che ospita le necropoli di Pantalica (risalente all’età del bronzo), patrimonio dell’umanità designato dall’Unesco, è bruciata per giorni: una notizia che avrebbe dovuto avere risonanza internazionale.

Le riserve naturali di Cava Grande del Cassibile e della Valle dell’Anapo sono annoverate tra i principali gioielli del costituendo Parco Nazionale degli Iblei, un progetto inviato a dicembre 2020 al Ministero dell’Ambiente e non ancora finalizzato e approvato. Oltre 12mila persone chiedono l’istituzione immediata del Parco Nazionale degli Iblei, per permettere maggiori tutele e la valorizzazione di queste zone importanti.

Ad oggi l’unico parco nazionale in Sicilia è il Parco Nazionale di Pantelleria, istituito proprio dopo una lunga serie di roghi.

È difficile esprimere a parole la sensazione di disperazione e panico che attanaglia molte parti della Sicilia. Sembra come se tutto fosse in fiamme o a rischio di incendio doloso.

Con il Movimento Antincendio Ibleo, che aiuto a coordinare, ci rendiamo conto che qualcuno sta cercando di terrorizzarci, letteralmente. Infatti, una petizione chiede proprio di definire gli incendi dolosi come atti terroristici.

Non sappiamo dove colpiranno i piromani, oppure lo possiamo intuire, ma mancano le forze per sorvegliare e proteggere le riserve a rischio. In molti casi non sappiamo chi siano o quale sia il loro movente, ma sentiamo di essere nelle mani di una grande conspiracy, una cospirazione della terra bruciata.

Le nostre istituzioni sono state assenti e incompetenti – forse complici – mentre gli incendi infuriavano. Un vero e proprio ecocidio delle zone con più biodiversità d’Europa, che mette a rischio la sopravvivenza di specie animali e vegetali, alcune delle quali uniche in queste zone.

A Pantalica la terra stessa bruciava, consumando le radici. C’è qualcosa nel sottosuolo che non possiamo vedere, che consuma quest’isola e mette in pericolo il suo presente e il futuro.

Gli incendi che attraversano la Sicilia sono più frequenti e più gravi di quanto non abbiamo mai visto prima, e come attivisti ci chiediamo quale mano malvagia potrebbe causare questa devastazione. Chi li sta appiccando, e perché?

Ci sono diverse teorie, e fino a quando le varie autorità giudiziarie non investiranno nelle inchieste approfondite, non si potrà dare una risposta certa.

Stando a una prima teoria, in certe zone della regione la mafia dei pascoli sta cercando di impossessarsi di aree per sfamare le mucche. Fanno uso sistematico degli incendi ai fini di pascolo, senza alcun rispetto per i suoli, soggetti così ad erosione e conseguente depauperamento della Macchia mediterranea e a quello – estremo – della gariga, ultima difesa dalla desertificazione. Operano sotto gli occhi di tutti ma non sono ancora stati fermati. E terrorizzano la gente, nonostante le innumerevoli denunce. Si può ipotizzare che solo la presenza dell’esercito possa essere l’unica, valida, estrema soluzione.

Secondo altre ricostruzioni, i campi di grano vengono dati a fuoco in certi territori quando i proprietari non pagano il pizzo. Terza teoria sull’origine dei roghi: i mezzi aerei di spegnimento (inclusi i famosi Canadair) sono gestiti da privati, una situazione che favorirebbe incentivi perversi e sprechi di denaro pubblico. Si dovrebbe passare alla gestione pubblica, come chiesto da 8mila persone.

C’è poi una quarta ipotesi che potrebbe spiegare l’aggressione sistemica alle riserve naturali. Da vari anni si vocifera della privatizzazione della gestione di parchi, riserve, oasi ecc… Insomma, della gestione del demanio pubblico a favore degli appalti ai privati.

Nulla vieta che questo disegno implichi anche la diffusione di fuochi, a fronte dei quali la Forestale si trova in difficoltà. Ma, invece di potenziare, ammodernare e riqualificare il pubblico, si pensa alla privatizzazione totale del bene comune, cosa che sicuramente aggraverebbe la gestione della situazione in materia di prevenzione e spegnimento degli incendi. I soldi del Pnrr sarebbero poi richiesti per potenziare questa forza privata.

Una quinta teoria attribuisce l’origine degli incendi ad alcuni dipendenti precari stagionali della Forestale, addetti alle pulizie e alle opere boschive e strutturali dei terreni demaniali, nonché addetti allo spegnimento (in realtà la Forestale in Sicilia è nata anni Sessanta per motivi occupazionali). Gli incendi precoci (marzo-giugno), infatti, potrebbero spingere la Regione ad anticipare le assunzioni, che avvengono di norma dopo l’approvazione – sempre tardiva – del bilancio regionale. Alcuni anni fa ci sono state condanne per flagranza di reato in merito.

In certi casi, l’incendio “scappa” a chi brucia frasche per “pulire” il terreno, anche se ci sarebbero modi per valorizzare invece di bruciare i resti agricoli. Chiaramente l’incuria del territorio e la mancanza di prevenzione tempestiva, come la non assunzione regolare dei forestali, ha favorito e continua a favorire gli incendi.

Non c’è dubbio che gran parte di questi roghi siano dolosi. Non a caso, spesso divampano in zone molto difficili da raggiungere per i Vigili del fuoco. Sono pianificati ed eseguiti per causare il massimo danno.

È difficile descrivere la profonda tragedia del perdere una valle con biodiversità unica e alberi maturi. L’ecocidio su vasta scala in Sicilia non solo continua senza sosta, ma prosegue nel silenzio quasi generale.

Sappiamo tutti che, se non ci uniamo adesso per agire, presto vivremo in un deserto che sarà economicamente assai meno vivibile, avrà meno biodiversità, attirerà meno i turisti e sarà meno ospitale per noi stessi e per le future generazioni.

Noi del Movimento Antincendio Ibleo siamo oltre 170 persone che vigilano sul territorio, alcune delle quali sono attive anche personalmente nello spegnimento degli incendi, me compresa. Nel nostro movimento affermiamo che “spegnere gli incendi è già un fallimento”. Dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla prevenzione, sullo sviluppo della cultura del rispetto e sulla crescita del nostro ecosistema comune.

I movimenti in Sicilia sono stati estremamente attivi quest’anno – scrivendo esposti e lettere, facendo comunicati e flash mob. Ma il governo regionale ancora non ha risposto alle numerose sollecitazioni della cittadinanza.

Può sembrare strano che in Europa nel 2021 le persone imparino a combattere gli incendi con mezzi rudimentali come il battifuoco. E in effetti è davvero strano, ma siamo in una situazione straordinaria, che richiede una mobilitazione fisica più organizzata.

Nelle ultime settimane i volontari sono intervenuti dozzine di volte, aiutando a spegnere fino a cinque o sei grossi incendi in un giorno. Spesso hanno controllato le fiamme fino a quando i mezzi di spegnimento ufficiali potevano arrivare sulla scena.

Non si può pensare a una transizione ecologica in una terra bruciata. Abbiamo bisogno di un servizio forestale gestito bene, che possa proteggere i beni pubblici con le attrezzature necessarie. Il Parco Nazionale degli Iblei andrebbe costituito al più presto: sarebbe un risultato concreto per il governo nazionale.

La gente esige che questo sia l’ultimo anno in cui accadano simili devastazioni. Vogliamo dedicare i nostri sforzi al rimboschimento e alla rinascita della nostra terra con la cooperazione di tutti gli abitanti di questa isola.

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