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Il Partito democratico a guida Schlein troverà una sua strada? (di M. Cappato)

Immagine di copertina

Il Partito democratico a guida Schlein troverà una sua strada? Dipenderà da Schlein, naturalmente. Ma le insidie mi paiono diverse da quelle più comunemente ipotizzate.

L’attenzione verte sullo “spostamento a sinistra” del Pd. Il ragionamento – e la speranza di Renzi e Calenda – è che i temi cari a Schlein porteranno il Pd verso posizioni di “sinistra radicale”, spingendo il partito nelle braccia del Movimento 5 stelle e lasciando orfani gli elettori moderati e di centro. Il ragionamento non farebbe una piega, se la politica si giocasse esclusivamente sull’auto collocazione dell’elettore sull’asse destra sinistra, in base a singoli temi facilmente distintivi, e se la moderazione fosse un connotato centrista. Il ragionamento però mostra la corda:
– primo: l’elettore votante è ormai minoranza nel Paese; la maggioranza è composta da aventi diritto a vocazione astensionistica: per loro, il primo problema non è “come” collocarsi, ma “se” collocarsi, cioè se andare o meno a votare; per questa scelta, passione e motivazione (di chi vota e di chi si candida) contano almeno tanto quanto il razionale apprezzamento dell’offerta politica;
– secondo: il ceto medio non è un blocco sociale moderato, sia perché non è più davvero un blocco, sia perché è popolato anche di tanta gente impaurita da cambiamenti sempre più veloci e arrabbiata per l’impotenza della politica tradizionale;
– terzo: alcuni dei temi che in Italia si etichettano come di “sinistra sinistra” sono in realtà poderosamente trasversali: non sono pochi gli elettori conservatori spaventati dai cambiamenti climatici o dalle disuguaglianze economiche; persino sui diritti civili, basti citare ad esempio l’80% degli elettori di Fratelli d’Italia e il 78% della Lega Nord che a Nordest sono favorevoli all’eutanasia legale (fonte: Ipsos, Gazzettino);

Tutto ciò non significa che la collocazione sull’asse destra-sinistra non abbia più alcun significato, ma semplicemente non determina in modo automatico gli esiti elettorali.

Le ragioni della maggiore trasversalità, volatilità e fluidità del voto (e del non voto) imporrebbero una riflessione politologica che non si può liquidare in poche righe. Mi limito a citare una persona che spesso nella politica italiana fu visionario. Quando nel 2006 radicali e socialisti crearono la “Rosa nel pugno”, Marco Pannella fece inserire nel simbolo le scritte “liberali”, “socialisti”, “laici”, “radicali”, insistendo in particolare su un concetto: non doveva trattarsi della sommatoria di vecchie identità, ma di termini che ormai avrebbero dovuto essere considerati e usati come sinonimi. In particolare, all’alba del nuovo millennio contrapporre “liberali” a “socialisti” non aveva più alcun senso, perché (vado a memoria) da una parte la giustizia (ingiusta) era già diventata la grande questione sociale contemporanea e dall’altra il benessere non poteva crearsi né distribuirsi in assenza di uno Stato di diritto degno di questo nome.

A 17 anni di distanza, di fronte alle crisi che più impattano sulle nostre vite (a partire dalla rivoluzione digitale e dai cambiamenti climatici, ma anche guerre, pandemie e crisi migratorie e finanziarie) sarebbe del tutto astratto contrapporre la difesa della libertà individuale alla costruzione di solide garanzie pubbliche. Quale libertà individuale, di singoli o di aziende, ci si può mai illudere di difendere senza al contempo occuparsi del collasso climatico o del dominio delle piattaforme potenziate dall’intelligenza artificiale? Le aspettative dei vari Renzi-Calenda per l’elezione di Schlein mi pare non facciano i conti con una società dove l’alternativa tra libertà e uguaglianza si presenta in forme inedite, che necessitano di risposte finora inaudite, come la conversione ecologica del fisco o la creazione di un’intelligenza artificiale pubblica. Ci vorrà fantasia e coraggio, virtù certo né destre né sinistre, ma neanche centriste.

Per Schlein il pericolo, a mio parere, non verrà dall’occuparsi troppo di disuguaglianze, libertà civili e clima. Il rischio vero è nella tara genetica dalla politica italiana, particolarmente presente nella sinistra ufficiale ex-Pci-Pds-Ds-Pd: l’abisso tra il dire e il fare, tra quello che sempre Pannella chiamava il “kamasutra delle posizioni”, esibite nei programmi elettorali, e la sistematica diserzione di ogni lotta sociale che quelle posizioni avrebbero dovuto sostanziare. Il rischio per Schlein non sarà di collocare troppo a sinistra il prodotto Pd sugli scaffali del supermercato elettorale semivuoto, ma di restare chiusa in quel supermercato -necessariamente nazionalistico e orientato al consenso a breve- invece di andare per strada ad aprire banchetti ambulanti e digitali della democrazia partecipativa, guardando a una dimensione transnazionale e a soluzioni di lungo periodo.

PS: A proposito di banchetti digitali: il Governo ha fatto perdere le tracce della piattaforma pubblica per la sottoscrizione di referendum e leggi di iniziativa popolare. Ecco un’ottima occasione di lavoro comune, dal dire al fare, con la Segretaria Schlein e con chi ci sta, da destra, da sinistra o dal centro.

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