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Lettera al Direttore: il Messaggero ha censurato un articolo critico sul MAXXI?

Immagine di copertina
Credit: AGF

Riceviamo e pubblichiamo di seguito una lettera inviataci dal professor Alessandro Monti, ordinario di Teoria e politica dello sviluppo, già Facoltà di Giurisprudenza, all’Università di Camerino.

È di questi giorni la notizia dell’ennesima censura nei confronti di giornalisti, scrittori e intellettuali non allineati con le posizioni filogovernative meloniane di questo o quel media con il quale collaborano.

Il nuovo caso è quello denunciato dalla Presidenza dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, che ha espresso solidarietà «al collega Antonio Gasbarrini il quale, dopo anni di collaborazione contrattualizzata, si è visto rifiutare dalla struttura centrale di Roma de Il Messaggero un articolo di critica culturale per la sua rubrica settimanale “il Taccuino d’arte”» .

Merita precisare che Gasbarrini – stimato intellettuale e critico d’arte aquilano – nell’articolo censurato si occupava del Maxxi L’Aquila.

Non c’è da stare allegri sullo stato della libertà di stampa nel nostro Paese se a un giornalista viene impedito di esprimere, su una rubrica settimanale che cura da anni, dubbi e perplessità sulla conduzione di una struttura culturale di rilevante importanza per l’Abruzzo com’è il Maxxi L’Aquila aperto alla fine del 2020 all’insegna dell’arte contemporanea.

Riassunte nell’email indirizzata al direttore del giornale, le modalità di quanto accaduto sono emblematiche dell’arrogante disinvoltura con la quale tale libertà è stata calpestata.

Al giornalista che chiede di conoscere le ragioni della mancata pubblicazione del testo già impaginato per la sua stampa nelle pagine dell’inserto “Abruzzo – Cronaca dell’Aquila”, non viene data alcuna risposta.

Ritenendo di essere stato censurato senza alcuna giustificazione, Gasbarrini ha inviato una lettera alla direzione con la quale dichiara di interrompere la collaborazione che andava avanti dal 2017.

La vicenda conferma come la tagliente scure della censura manovrata per compiacere il nuovo Governo di destra – esplosa a livello mediatico con il noto “caso Scurati” per la mancata lettura di un discorso su antifascismo e resistenza nella trasmissione Che sarà su Rai Tre e prima ancora con il caso della scrittrice Nadia Terranova, il cui richiesto commento sulle cariche agli studenti a Pisa non è andato in onda nella medesima trasmissione, entrambi preceduti dal “caso Saviano”- stia estendendosi in ogni ambito dell’informazione cartacea o digitale, anche attraverso querele temerarie, intimidazioni, induzioni ad “autocensure di sopravvivenza”.

Significative al riguardo sono le rilevazioni dell’Indice Mondiale sulla Libertà di Stampa, curato da Reporter Senza Frontiere (Rfs) che, tenuto conto delle variegate forme compressive – dirette e indirette – della libera manifestazione del pensiero, nel 2024 declassa l’Italia di ben 5 posizioni rispetto all’anno precedente: dal 41° al 46° posto, su 180.

Il caso in esame riguarda un articolo di “giornalismo culturale” incentrato su un attenta analisi dei primi tre anni di attività del Maxxi L’Aquila – succursale della Fondazione Maxxi di Roma – in cui sono accertate più ombre che luci.

Nell’articolo non pubblicato si legge: «Per quanto riguarda l’attività complessiva svolta con le poche mostre sino a qui proposte e di una loro eccessiva durata (in qualche caso riciclate o attingendo alle opere della nutrita collezione museale romana), si può ben asserire che non molto c’è stato di nuovo sotto il sole dell’arte analogica. Più di ordinaria amministrazione, la presentazione di alcuni libri e altre iniziative di carattere didattico-culturale quali la proiezione di filmati o la tenuta di “workshops” indirizzati prevalentemente ai bambini, nulla hanno aggiunto alla consolidata routine praticata in città e nel territorio da altre entità operanti nel settore delle arti visive».

Performance complessive, dunque, non esaltanti, e ciò malgrado il Maxxi L’Aquila goda di una condizione operativa assai privilegiata. Si tratta innanzitutto della concessione ministeriale ventennale di uso del tardo barocco Palazzo Ardinghelli (restaurato dalla Federazione Russa con oltre 7 milioni di euro) che gli consente di disporre di una sontuosa sede gratuita, sottratta a più proficui utilizzi museali per la città, quale l’esposizione, anche a rotazione, delle pregevoli opere delle “Collezioni di arte moderna e contemporanea” del Museo Nazionale d’Abruzzo (MuNDA) – tuttora in gran parte chiuse in casse dopo il sisma del 2009 – come richiesto dall’appello di numerosi intellettuali, storici dell’arte e direttori di museo.

Inoltre, rileva Gasbarrini, il Maxxi L’Aquila ha potuto giovarsi di garantite risorse finanziarie pubbliche annuali di 2 milioni di euro, nonché di una serie di: «opacità informative riguardanti sia le voci di spesa sostenute per la sede decentrata aquilana, che le altre entrate finanziarie dovute a sponsorizzazioni, in quanto i relativi importi non sono mai stati resi noti nei vari bilanci consuntivi della Fondazione Maxxi».

Non possiamo dunque non domandarci se ai piani alti del giornale non sussista un desiderio di compiacere i potenti oscurando notizie e commenti ritenuti loro non graditi; forse alla nuova Presidenza della Fondazione Maxxi, affidata, dal novembre 2022 (dopo lo spoil system di Giovanna Melandri), all’elegante giornalista – scrittore, già a Il Foglio, Alessandro Giuli, di dichiarata ortodossia meloniana? Se così fosse, comunque sarebbe a sua completa insaputa.
Alessandro Monti

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