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Houellebecq e il timore francese per l’islamo-gauchismo

Immagine di copertina
Lo scrittore francese Michel Houellebecq / Credit: Fronteiras do Pensamento

L’ondata di terrorismo che a partire dall’attentato contro la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo colpì la Francia e altri Paesi europei è stato un elemento che ha messo ulteriormente al centro dell’attenzione un libro uscito proprio nei giorni in cui questa striscia di terrore si apriva. Sottomissione, di Michel Houellebecq, è un’opera che immagina un futuro prossimo in cui le elezioni presidenziali francesi vengono vinte da un candidato dei Fratelli Musulmani, il quale dà inizio a una progressiva islamizzazione della Francia prima e del resto d’Europa poi: un argomento che nel periodo storico che si stava aprendo non poté che inserirsi prepotentemente nel dibattito.

A sei anni di distanza, il testo continua a essere attuale e un nuovo dibattito che si sta scatenando in Francia può essere strettamente collegato al contenuto di Sottomissione. Mentre in tutto il mondo occidentale si discute infatti riguardo una revisione dei programmi universitari in chiave anti-razzista e anti-coloniale, lasciando spesso e volentieri spazio alla cosiddetta cancel culture, in Francia lo stesso dibattito nato nelle università americane ha assunto una sfumatura differente, strettamente legata al contesto del Paese e che il mondo conservatore ha etichettato come “islamo-gauchisme”, un termine che va a indicare una tendenza filo-islamica di una certa sinistra, principalmente in ambiente culturale, disposta a giustificare anche l’estremismo islamico.

Il timore di un’islamizzazione dell’Europa, paventato da molti ambienti soprattutto conservatori, in Francia assume storicamente un valore differente, trattandosi di uno stato che, al di là della sua popolazione a maggioranza cristiana e della sua storia strettamente legata al cristianesimo, ha sempre fatto della laicità un proprio tratto caratteristico. Una laicità che si declina nel tenere tutte le religioni e i loro simboli fuori dalle istituzioni, e in particolare dal mondo dell’istruzione, anziché nell’includerle con tutte le loro differenze. Molti temono però che, nonostante la storica comunità musulmana francese composta da circa quattro milioni di persone sia in gran parte perfettamente integrata, una parte più estremista e separatista del mondo islamico abbia gli strumenti per minare questa laicità, e che vi siano pezzi di politica pronti a favorire questo processo. L’islamo-gauchisme, appunto.

Nell’ultimo anno, sia il presidente Emmanuel Macron che il governo hanno paventato il rischio che diverse idee di natura islamista prendano piede e riescano, con la complicità di ambienti di sinistra e grazie agli studi post-coloniali che si stanno diffondendo negli Stati Uniti, a radicarsi nel mondo universitario e, di riflesso, a favorire un’avanzata dell’estrema destra come reazione. Questo si aggiunge alle tensioni scaturite nell’ottobre 2020 dopo che un estremista aveva ucciso il professore di liceo Samuel Paty dopo che aveva mostrato ai suoi alunni vignette satiriche su Maometto, un grave fatto che ha riaperto un dibattito sulla libertà d’espressione.

Già lo scorso febbraio, per cercare di rispondere a questo clima, l’Assemblea nazionale aveva approvato un disegno di legge che difendeva i principi repubblicani contro il “separatismo religioso”, formalmente volta a rafforzare i valori dello stato ma vista da molti osservatori come una legge principalmente rivolta contro l’islamismo. Adesso, la ministra dell’Università francese Frederique Vidal, ha chiesto che il Consiglio nazionale della ricerca scientifica indaghi sull’”islamo-gauchisme” nel mondo universitario.

La proposta non ha ricevuto un’accoglienza particolarmente calorosa dal mondo accademico, anche da chi è più critico verso le posizioni ritenute filo-islamiste, e ha portato anche a chiedere le dimissioni della ministra Vidal. Ma al di là della proposta in sé, il dibattito mette in mostra come Houellebecq abbia saputo cogliere un nervo scoperto della società francese, e come alcuni elementi del suo Sottomissione siano visti, oggi, da molti, come un serio rischio per la società francese, e non come finzione letteraria.

Houellebecq, infatti, non si limita a immaginare semplicemente una vittoria dei Fratelli Musulmani in Francia, anzi. Nella sua opera questa avviene dopo una vittoria del candidato Ben Abbes al ballottaggio contro Marine Le Pen, un ballottaggio in cui in nome della difesa della Repubblica contro una candidata ancora ritenuta post-fascista, le forze tradizionali rimaste escluse dopo il primo turno, socialisti in testa, vanno a sostenere il candidato islamista. A seguire, proprio con l’avallo dei socialisti, il primo settore in cui l’impronta del nuovo governo va a instaurarsi fortemente è quello dell’università, dove via via i vecchi professori sono invitati alla conversione all’Islam e a rivedere il loro programma, cambiando così il volto della società francese a partire proprio dall’istruzione, storicamente una colonna portante dello stato laico francese.

Houellebecq non si limitava a tracciare le linee di un futuro immaginario unendovi forti elementi di satira politica, ma coglieva in pieno un nervo scoperto di una parte della società francese, secondo cui esiste un rischio di favorire un’avanzata dell’estremismo islamico a discapito della tradizionale laicità dello stato in alcune istituzioni chiave, e che questo possa avvenire tramite il sostegno di ambienti e partiti di sinistra, spesso mostrando al pubblico lo spauracchio di una vittoria di Marine Le Pen.

Oggi questi storici timori si stanno facendo nuovamente vivi, anche per via dei movimenti che all’interno delle università statunitensi stanno chiedendo un cambio di prospettiva rispetto alla storia, in particolare del colonialismo: argomenti che secondo le istituzioni di Parigi sarebbe pericoloso importare dagli Stati Uniti senza il filtro del punto di vista francese ed europeo in generale.

Contro l’importazione di tali teorie e i rischi per la società francese si è espresso il ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer e persino Macron in persona. Proprio il capo dello stato si è sempre battuto per una svolta positiva nel rapporto tra la Francia e le sue ex colonie africane, non mancando nel 2017 di descrivere il colonialismo come un crimine contro l’umanità, ma proprio per questo la questione attuale non riguarda una sacrosanta battaglia contro il razzismo e l’intolleranza, ma i rischi di un’importazione acritica e senza filtro delle teorie sociali che arrivano dai campus americani. Col rischio che esse finiscano per favorire l’estremismo islamico all’interno del mondo dell’istruzione, magari con l’aiuto di chi, soprattutto a sinistra, contribuisce a portarle avanti.

Proprio il rischio che sei anni fa Michel Houellebecq, seppur nella finzione romanzesca, aveva paventato.

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