Ora che le accuse sono diventate condanna dove sono finiti quelli che criticavano le attrici del #metoo
Ingolfati dal Coronavirus e dalla convenienza anche di non parlarne troppo si sappia comunque che il produttore cinematografico Harvey Weinstein, ex numero uno della Miramax e uomo forte di Hollywood, oggi si trova a Rikers Island, il penitenziario più duro e malfamato di New York. È stato processato per predatory sexual assault, contro Miriam Haley (sua ex assistente di produzione) e Annabella Sciorra (attrice nel film Sopranos) ; criminal sexual act in the first degree, contro Haley; predatory sexual assault, contro Jessica Mann (ex aspirante attrice) e Sciorra; rape in the first degree, contro Mann; e rape in the third degree, contro Mann: le accuse di aggressione sessuale predatoria e stupro di primo grado avrebbero potuto comportare l’ergastolo ma Weinstein è stato condannato per gli altri tre reati per cui è prevista una condanna massima a 25 anni. La sentenza è arrivata ieri: 23 anni in tutto.
Ma al di là dell’aspetto giudiziario conta tornare sui passi di quei giorni, quando molte attrici (anche ben note) ebbero il coraggio di denunciare gli atteggiamenti del produttore americano e vennero sepolte dalle critiche di ogni genere: se non erano famose venivano accusate di cercare notorietà, se erano famose venivano accusate di sputare nel piatto in cui avevano mangiato, in quanto donne venivano accusate di volere deliberatamente distruggere un uomo in quanto uomo e non si contano le battute di chi intravedeva un nuovo puritanesimo che avrebbe spento le relazioni amorose per il futuro prossimo.
I migliori furono quelli che ci dissero che queste accusa non avrebbero mai potuto essere dimostrate insieme a quelli che ci dicevano che nel cinema è sempre funzionato così: sarebbe curioso sapere cose abbiano da dirci oggi dopo che le accuse sono diventate condanna alla fine di un regolare processo.
Un ringraziamento invece va a loro, a tutte le donne, in tutto il mondo, che con l’hashtag #metoo hanno voluto dare una scossa culturale, prima che giudiziaria, a un patriarcato ben saldo non solo nel mondo del cinema ma in tutte le professioni. Sono le migliaia di donne che hanno avuto il coraggio di raccontare ciò che fino a poco prima era considerato irraccontabile e che si sono esposte mettendoci la faccia, il nome e il corpo. È una lezione grande, da non sprecare solo con qualche cenno sulla condanna di Weinstein, no.