Da Draghi a Salvini: la figuraccia dei politici italiani sulla guerra in Ucraina
Ci sono, in questa settimana di immagini di guerra a flusso continuo, 120 secondi da cineteca. Sono quelli che devastano, peggio di un bombardamento, la carriera di un politico. La scena del Matteo Salvini, con giubbotto sponsorizzato (stile Formula Uno), martirizzato in diretta da Wojciech Bakun, un sindaco nazionalista polacco (più a destra e più sovranista di lui) nel periferico paesino di Przemysl (confine con l’Ucraina), rasenta il martirio mediatico. «Io non la ricevo!», grida l’omone, sbattendogli letteralmente in faccia una t-shirt di Putin identica a quella che il leader della Lega esibì in un indimenticato scatto sulla piazza Rossa. «Metta questa maglietta e si affacci sul confine» (un invito al cecchinaggio). Segue il coro «Buffone! buffone!», intonato da fotografi italiani e pubblico polacco. Salvini accusa il colpo, quasi balbetta: «We help children…». Galeotto fu il selfie, una vera nemesi, l’atto di morte del putinismo padano.
Ma gli altri? Nell’angolo buio sulla Russia (e sull’invasione dell’Ucraina), non c’è solo il leader della Lega. In Italia anche le altre forze sono – per motivi diversi – afone, divise o attonite. Muto Mario Draghi, generosamente dipinto dai nostri media come nuovo padrone dell’Europa: cancella il suo viaggio a Mosca e poi si accoda ad ogni passo della Nato (al suo confronto Macron pare Bismarck). In difficoltà Di Maio (bacchettato da Lavrov, e imbarazzato per una ingiuria canina su Putin ospite di Myrta Merlino). In tilt il M5S, che fino ad un anno fa organizzava viaggi a Mosca e oggi è imbarazzato dal caso del presidente di commissione Vito Petrocelli, fedele alla vecchia linea e contrario all’invio di armi. Conte eclissato. Berlusconi, memore del lettone di Putin, inseguito dalle foto incolbaccate con Vlad, è desaparecido.
Meloni, forte dell’alleanza con i conservatori polacchi, è riuscita in una strambata di 180 gradi. Calenda e Bonino, per alcune parole di insospettabile buonsenso, sono accusati di filo-putinismo. Bersani è per la pace, ma-anche per l’invio delle armi, Fratoianni isolato. Letta viene bersagliato dai pacifisti – da sinistra – per le parole durissime e atlantiste: «Voglio le sanzioni più dure possibili». A preoccuparsi della dipendenza energetica da Mosca (che forse meriterebbe più attenzione) è rimasta solo la satira. Su tutte due zampate. Osho, con la foto di Draghi che sorride: «Regà nella quarta dose c’è sta er metano…». E il definitivo Spinoza: «Buongiorno, sono Silvia di Eni carbone e luce». Auguri.
Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui