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Una guerra nucleare non distruggerebbe solo persone ed edifici, ma anche millenni di cultura

Immagine di copertina
Credit: Pixabay

La filosofia, la letteratura, la musica, la matematica, le scienze. Sarebbero spazzati via in un colpo solo millenni di creatività e ricerca. Sarebbe l'olocausto delle culture

Secondo gli antropologi ogni individuo, ogni gruppo, ogni Paese è portatore di tre diversi bagagli culturali: la cultura ideale, che consiste in valori, credenze, stereotipi, idee, miti, ideologie, fedi, linguaggi, bisogni, desideri, senso dello spazio, del tempo, dell’identità, della differenza, della conoscenza, della vita, della morte; la cultura materiale, che consiste nel territorio, nei manufatti, nell’insieme degli oggetti che ci circondano; la cultura sociale, che consiste negli usi, nei costumi, nei riti, nelle forme di conflitto e di cooperazione, nelle mode, nelle ricorrenze, nelle scansioni della vita sociale.

Nella cultura ideale sono compresi la storia, le scienze, le memorie, i capolavori dell’arte, della musica e della letteratura. Nella cultura materiale sono compresi i capolavori dell’urbanistica, dell’architettura e del design. Nella cultura sociale sono compresi i grandi riti laici e religiosi, l’economia, il diritto, la sociologia e la psicologia sociale.

Quando sentiamo che in Ucraina vengono bombardate città come Kyiv, Zaporizhzhia, Mariupol’ o Mykolaiv pensiamo subito, e giustamente, ai morti, ai feriti e poi alle abitazioni distrutte. Molto meno pensiamo alle opere d’arte immolate alla barbarie.

Ancora meno pensiamo agli usi e ai costumi che saranno deformati per sempre. Ma cosa avverrebbe se la guerra degenerasse in conflitto nucleare e fosse rasa al suolo l’intera Ucraina, o l’intera Europa, o il mondo intero? Abbiamo due esperienze che ci possono aiutare a rispondere.

Alle ore 8, 14 minuti e 45 secondi del 6 agosto 1945 fu lanciata la bomba atomica Little Boy su Hiroshima provocando 140.000 morti, 70.130 feriti, la distruzione del 90% di tutti i monumenti, di 570.217 abitazioni e di 51 templi.

Tre giorni dopo, alle ore 11 e 2 secondi del 9 agosto, fu lanciata la bomba atomica Fat Man su Nagasaki provocando 73.884 morti, 74.909 feriti e la distruzione di 36.818 abitazioni.

Ma in pochi secondi, sia a Hiroshiuma che a Nagasaki, furono quasi azzerate, insieme alla cultura materiale fatta di abitazioni e manufatti d’ogni genere, compresi i capolavori dell’architettura e dell’arte, anche gran parte della cultura ideale e della cultura sociale: libri, dischi, strumenti musicali, memorie, dati, informazioni, conoscenze, saperi, usi, costumi, legami e conflitti.

Dopo questo duplice evento mostruoso, per anni ci furono in tutto il mondo manifestazioni imponenti per chiedere lo smantellamento di tutte le armi nucleari esistenti e di tutti i laboratori per produrne di nuove.

Si pervenne così al Trattato di Non Proliferazione Nucleare, firmato il 2 luglio 1968 e basato su tre punti: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare. Ciononostante, le testate atomiche appurate nel pianeta salirono da 38.000 del 1970 a 69.440 nel 1986.

Poi, con il trattato New Start del 2010, gli Stati firmatari hanno stabilito la riduzione del 30% dei rispettivi arsenali nucleari. Fatto sta che, secondo la Federation of American Scientist, oggi la Russia possiede 5.977 bombe, gli Stati Uniti 5.428, la Cina 350, mentre altre 950 testate sono tenute da sei Paesi (Francia, Regno Unito, Pakistan, India, Israele e Corea del Nord).

Milleottocento testate sono tenute in stato permanente di “massima allerta operativa”, cioè possono essere sganciate in pochi secondi e possono raggiungere obiettivi in tutti i continenti. E si tenga anche conto che basterebbero 600 bombe atomiche delle 12.725 già disponibili per causare l’estinzione dell’intera specie umana.

In sintesi, ogni anno il pianeta spende 2.030 miliardi di dollari per autodistruggersi, ma l’autodistruzione non riguarda solo gli esseri viventi – persone, animali e piante – ma anche tutti i manufatti materiali – dalle abitazioni alle infrastrutture, dall’architettura agli oggetti e alle opere d’arte – accumulati in millenni di creatività, di fatica, di organizzazione.

Riguarda la scomparsa, da tutto l’universo, non solo dei luoghi del sapere come musei, biblioteche e cineteche, ma del sapere stesso: lingue, scritture, matematica, scienze, diritto, storia, filosofia, management, poesia, letteratura, musica, religioni, tutto ciò che la mente umana ha concepito nei secoli dei secoli fino ai giorni nostri e tutto ciò che aveva in progetto di creare.

Così, con questo olocausto delle nostre culture, invece di raggiungere Marte, l’uomo avrà ridotto la Terra in un immenso deserto di persone, cose e pensiero, proprio identico a Marte.

LEGGI ANCHE: Noi europei non sappiamo più chi siamo e per questo ci vendiamo al miglior offerente (di G. Gambino)

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