Il paradosso del green pass: per andare a cena obbligatorio, per i lavoratori non è neanche previsto
Per scongiurare i contagi il governo è pronto a comprimere le scelte dei singoli: la volontà politica è quella di rendere il green pass obbligatorio per i luoghi chiusi e affollati come i ristoranti. Giusto. Ma il principio non sembra valere per tutte le categorie allo stesso modo.
Nella bozza del nuovo decreto sarebbero infatti previste anche multe di 400 euro per i clienti dei locali trovati al tavolo sprovvisti di certificazione verde e cinque giorni di chiusura per i gestori. A spingere per le misure sono soprattutto Pd e Leu, con il ministro Roberto Speranza convinto che si debba fare di più contro il diffondersi della variante Delta che colpisce duro anche nei Paesi con alto tasso di vaccinazioni (Israele e Regno Unito dove si vede anche un aumento di casi gravi soprattutto tra i non vaccinati).
In pratica, il senso del green pass è di evitare di richiudere bar, ristoranti, piscine, palestre, stadi, cinema, teatri condizionandone l’accesso solo ai vaccinati (con doppia dose), ai “tamponati” e ai guariti dal Covid (quest’ultima categoria solo sulla carta, perché come abbiamo spiegato in questo approfondimento, i guariti dal Covid faticano ad ottenere la matricola per il green pass). Inoltre occorrerà presentare il certificato per salire su treni, aerei e navi, per accedere ai centri commerciali e ovviamente per entrare in discoteca se riapriranno.
Ma se l’obiettivo del green pass è proteggere i cittadini nei luoghi di assembramento, allora perché per i lavoratori non c’è la stessa priorità? Perché non è richiesto alcun certificato per andare in fabbrica o per lavorare in una grande azienda? E non ci si può attaccare all’incostituzionalità, o gridare all’allarme discriminazioni tra chi avrà fatto o no il vaccino. Proprio oggi su Il Giornale due costituzionalisti di tutto rispetto – Giovanni Maria Flick e Sabino Cassese – hanno spiegato come rendere il green pass obbligatorio per entrare nei locali o per prendere i mezzi di trasporto non limiterebbe alcuna libertà, perché le esigenze di un paese vengono prima delle scelte dei singoli.
Secondo Cassese, i principi costituzionali addirittura non impedirebbero neanche la scelta più radicale, ovvero l’imposizione dell’obbligo del vaccino a tutti gli italiani: “L’articolo 32 dice che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizioni di legge”, ha spiegato. Ciò dimostra che la previsione per legge di un trattamento obbligatorio è contemplata dal nostro ordinamento, come avvenuto dal 2017 per le vaccinazioni obbligatorie per i minori di sedici anni.
Per come stanno ora le cose il messaggio sembra essere: per andare a cena fuori è meglio vaccinarsi, per andare a guadagnarsi lo stipendio è ininfluente. La verità è che questo pass è più rosso che verde, perché pensa più all’economia che alla vera tutela delle persone.