Il muro invisibile del Green Pass (di S. Mentana)
Immediatamente prima che venissimo travolti dalla pandemia, il tema dei confini era trattato quasi quotidianamente, spesso in relazione alla crisi dei migranti: in molti, in primis i partiti sovranisti, avevano posto la questione del rispetto delle frontiere nazionali di fronte ai grandi movimenti migratori. La pandemia, poi, ci ha fatto scoprire un altro tipo di confine, quello del lockdown, che non a caso in italiano dovrebbe chiamarsi “confinamento”.
Ma se il lockdown è stato senza dubbio un confine fisico, seppur non legato al concetto tradizione di frontiera, la nuova fase della pandemia e l’avanzamento della vaccinazione hanno aperto la strada a un confine diverso, invisibile, che non divide lo spazio, ma la società, e che può essere varcato non da chi è munito di un tradizionale passaporto, ma solo con il cosiddetto green pass. Se questo originariamente sembrava destinato a essere un documento di viaggio da affiancare a quelli esistenti per garantire libertà di movimento in un momento storico in cui tale diritto non è più dato per scontato, dopo il recente discorso di Emmanuel Macron ai francesi si potrebbe trasformare in una chiave in grado di aprire interi settori della società, che rimarrebbero chiusi ad alcune categorie. Lo strumento per superare questi nuovi confini.
I Paesi che seguiranno l’esempio di Macron e decideranno di richiedere il green pass per tutte queste azioni, rischierebbero di trovarsi un Paese spaccato in due finché la campagna vaccinale non sarà a buon punto, con chi ha già ricevuto le sue dosi libero di compiere una serie di attività, precluse a chi invece non ha ricevuto alcuna vaccinazione. Se l’obiettivo di questa battaglia è nobile e sacrosanto – portare a termine la più grande campagna di immunizzazione di cui si abbia memoria e lasciarsi alle spalle la pandemia -, il rischio è proprio quello di creare due diverse società divise da un muro invisibile. Non dobbiamo dimenticare che tra chi oggi, in tutto il mondo, ancora non ha ricevuto il vaccino, c’è chi non ha avuto ancora l’occasione di prenotarsi o sta attendendo il proprio turno, e spesso fa parte delle fasce deboli della società. Se dovessero loro malgrado ancora aspettare, isolarli potrebbe non essere una soluzione.