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Il gas, l’ambiente e noi (di Giulio Gambino)

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"Se e quando l’Unione europea deciderà di dotarsi di una propria politica estera ed energetica, infischiandosene di perseguire l’agenda di continenti terzi, allora forse diventerà grande per davvero. Sarà un modello per gli altri e tornerà a essere il più illuminato tra i grandi continenti. E anche noi italiani torneremo a respirare un po’ di serenità"

Quattro grandi incendi hanno messo a dura prova Roma già assediata dalla spazzatura e dal caldo estremo. Il seracco sulla Marmolada è crollato causando la morte della cordata di alpinisti sul ghiacciaio. Mentre l’Italia vive il dramma della siccità, in Australia è emergenza inondazioni, dove oltre 30mila persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni. Questi sono solo alcuni degli eventi traumatici che stanno uccidendo noi e il nostro Pianeta. E che ormai dovrebbero aver spazzato via ogni dubbio sul fatto che l’emergenza ambientale e climatica sia una priorità assoluta, con gravi ripercussioni anche sulla nostra salute mentale.

E invece c’è chi ancora ritiene che sia una sciocchezza, un fenomeno in qualche modo procrastinabile. C’è solo un modo per definire questo atteggiamento: egoismo. La scorsa settimana su questo giornale abbiamo parlato di Eco-ansia, un disagio psicologico associato al cambiamento climatico che colpisce perlopiù giovani, esacerbato dall’incapacità dei governi di agire rapidamente contro il global warming. Nel più grande sondaggio mai condotto sull’ansia climatica nei giovani – “The Lancet Planetary Health” – è emerso che tre quarti degli intervistati (10mila giovani di età compresa tra 16 e 25 anni provenienti da dieci diversi Paesi) considerano il futuro «spaventoso». La metà di loro si dichiara triste, ansioso, arrabbiato, persino colpevole della crisi climatica. «È forse (la cosa) più urgente agire per salvaguardare la salute del Pianeta affrontando la minaccia del cambiamento climatico, che avrà enormi benefici sia per la salute del nostro Pianeta sia per la salute delle persone».

A queste parole del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) nessuno ha fatto cenno. Né il nostro governo si è adoperato per mettere in atto un piano efficace che, per legge, raddrizzi la situazione. Il segno di questa inazione è rappresentato simbolicamente dal fatto che il timer esposto in bella vista sulla facciata della sede del Ministero per la Transizione ecologica a Roma – che indica il tempo che ci divide dalle azioni necessarie per contenere l’aumento della temperatura media globale prima che questa raggiunga gli 1.5 gradi – la scorsa settimana fosse rotto.

Con il Green Deal l’Unione europea ha fissato l’obiettivo della riduzione delle emissioni di Co2 di almeno il 55% entro il 2030 e di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. Obiettivi che la Commissione europea vuole raggiungere attraverso un pacchetto di misure che mirano a realizzare la tanto agognata transizione energetica ed ecologica. La riduzione del carbone era tra i primi obiettivi, ma ora con la guerra in Ucraina e con la conseguente riduzione delle forniture di gas ai Paesi Ue, il più sporco dei combustibili fossili ricomincia a far funzionare le vecchie centrali a carbone dismesse. Fino al prossimo 21 luglio Gazprom ha annunciato che interromperà le forniture di gas provenienti dal gasdotto Nord Stream 1, che collega Russia e Germania passando per il Mar Baltico. Mosca ha già ridotto le forniture all’Italia, ufficialmente per i lavori di manutenzione che avvengono ogni anno a luglio, ma con la guerra in corso la paura è che i rubinetti del gas quest’anno non vengano più riaperti.

Per questo motivo i Paesi Ue si stanno attrezzando: riattivando centrali a carbone, predisponendo piani di emergenza per diminuire i livelli dei termostati di case e uffici pubblici, razionando il gas alla grande industria. Se la Russia dovesse quindi decidere di sospendere le forniture di gas naturale all’Ue, il governo sarebbe costretto a far scattare il piano di emergenza che prevede tra le altre cose un maggior utilizzo delle centrali a carbone per la produzione di elettricità. Come se non bastasse, il 6 luglio il Parlamento europeo ha incluso il gas e il nucleare nell’elenco della tassonomia verde.

Ciò significa che queste due fonti energetiche – atomo e metano – sono considerate “pulite” dal punto di vista ambientale e quindi degne di finanziamenti nell’ambito del Green Deal, nonostante le elevate emissioni provenienti dal gas fossile e le scorie radioattive, e i problemi di sicurezza legati all’energia nucleare. Tutto questo potrebbe far confluire miliardi di euro di investimenti in queste fonti energetiche, sottraendoli alle energie rinnovabili davvero sostenibili, come per esempio l’energia eolica e solare.

Se e quando l’Unione europea deciderà di dotarsi di una propria politica estera ed energetica, infischiandosene di perseguire l’agenda di continenti terzi, allora forse diventerà grande per davvero. Sarà un modello per gli altri e tornerà a essere il più illuminato tra i grandi continenti. E anche noi italiani torneremo a respirare un po’ di serenità.

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