Gabrielli-Giannini e il bipolarismo istituzionale. Flop, depistaggi: tutte le loro ombre
I due “superpoliziotti-amici” Franco Gabrielli e Lamberto Giannini, neo-confermati ai massimi vertici della sicurezza della Repubblica – Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti il primo e Capo della Polizia Direttore generale della pubblica sicurezza il secondo – incensati come democratici “civil servant” dalle folgoranti carriere senza macchia, in realtà hanno numerosi scheletri nell’armadio del dimenticatoio pubblico; tanto contrapposti alle loro facce pulite da juventino e romanista ‘bonaccioni’, quanto da evidenziarne un pericoloso tratto bifronte, aggravato dall’ombra incombente dell’intoccabile cupola di ‘mafia-Viminale’.
Flop, depistaggi e connivenze senza mai una conseguenza sulla loro inesorabile e veloce scalata al potere e/o almeno il sorgere del dubbio che ci fosse qualcosa che non tornava, a fronte non di pettegolezzi e/o chiacchere da corridoio, ma di fatti documentati, spesso oggetto di inchieste giornalistiche mai smentite, ma soprattutto cristallizzati in sentenze o “reprimendae” di organismi come l’ONU o “Amnesty international”; da cui emerge nella migliore delle ipotesi una loro ‘super-paraculaggine’ – come somma di scaltrezza e opportunismo – e/o nella peggiore un ‘bipolarismo istituzionale’ – come facciata ‘super’ che non corrisponde alle capacità reali e/o alle reali intenzioni del retro-apparato ‘deviato’.
Di Gabrielli ci siamo già occupati su TPI in merito alle sue gravi responsabilità per la mala-gestione dell’immigrazione, per le vergognose promozioni di ‘questori spezzabbraccia’, condannati per il G8 o responsabili del default come quello di piazza San Carlo a Torino o di connivenze con pluripregiudicati in odore di ‘mafia-Viminale’, ma anche per i funerali-scandalo del boss Casamonica a Roma, questioni tutte in cui è sempre emerso il suo tratto bifronte.
Ma ce ne sono anche altre, perché il “superpoliziotto” dal volto democratico e dalla fronte spaziosa voleva essere il “dominus” anche delle “fake news”, del segreto istruttorio e della censura sui social. In particolare come “duo-superesperto” antiterrorismo, a Gabrielli e Giannini sono attribuibili anche clamorosi flop su casi, come quello del passaggio indisturbato in Italia di ‘Amri il tunisino’ autore dell’attentato a Berlino, dell’inafferrabile pluriomicida ‘Igor il russo’ che ha seminato il terrore in Emilia-Romagna e dei fratelli Occhionero che spiavano i vertici del Governo all’insaputa della cd “intelligence”.
A cui si aggiungono per Giannini anche il suo coinvolgimento nel depistaggio sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e nel sequestro Shalabayeva, a seguito del quale, nonostante le sue evidenti responsabilità info-investigative, è stato promosso con un tanto inspiegabile, quanto sospetto salto in graduatoria, che lo ha lanciato senza ostacoli al vertice della Polizia di Stato.
Per chi volesse approfondire, procederò a mo’ di “memorandum” in ordine analitico-cronologico dal 2015 ad oggi, su flop, depistaggi, connivenze, con il “fil rouge” del ‘paraculismo/bipolarismo’, almeno di ciò che è sinora conosciuto e/o documentabile.
2015 – Funerali-scandalo del boss Casamonica: carrozza trainata da tre file di cavalli, Rolls Royce, 12 SUV pieni di fiori e centinaia di macchinoni al seguito: una carovana partita dal Gran raccordo anulare che, dopo aver mandato in tilt il traffico della Capitale, veniva accolta dalla banda musicale alle note de “Il Padrino”, davanti ad una chiesa con l’immagine a piena facciata del boss nelle sembianze del Papa, mentre un elicottero sorvolava la scena spargendo petali sulla folla riunita in piazza; senza che nessuno si accorse di nulla in via preventiva e/o prendesse provvedimenti per sterilizzare ciò che ha provocato per il Paese un danno d’immagine a livello internazionale senza precedenti. Prefetto di Roma presente in sede era Gabrielli, che poi giustamente è stato promosso Capo della Polizia – Dirigente generale della pubblica sicurezza.
2016 – Mala gestione dell’immigrazione: dopo il clamoroso arresto di Luca Odevine asceso indisturbato al vertice del Viminale, poi condannato a 8 anni nell’ambito di “mafia-Capitale”, ma anche a 3 anni e 2 mesi per corruzione nell’appalto di 100 milioni per il CARA di Mineo, ove era stato fatto accedere proprio da Gabrielli, lo stesso si è dovuto giustificare in Tribunale, opportunamente scaricandolo in quanto: “Con Odevaine c’era un rapporto che si può avere con una persona stimata. Lo stimavo si, tutti possono sbagliare nella vita, ma dire che io fossi suo amico, per il concetto selettivo e ristretto che ho io di amicizia, ce ne passa”.
2016 – Caso Amri: il CASA (Comitato di analisi strategica antiterrorismo) presieduto da Giannini in filo diretto con Gabrielli, non valutò adeguatamente le segnalazioni sulla radicalizzazione in Sicilia del terrorista tunisino che a dicembre 2016, dopo aver attraversato indisturbato tutta Italia, ha potuto uccidere a Berlino 12 persone ferendone altre 56; per poi rientrare ed essere fermato e ucciso a seguito di un controllo casuale della volante di un Commissariato della periferia di Milano; senza che la cosiddetta “intelligence”’ ne sapesse nulla, anzi scoprendo solo successivamente che i poliziotti dell’equipaggio di cui erano state improvvidamente esaltate le gesta, ero usi inneggiare a Mussolini sui social, tanto che alla fine la Germania non li ha neanche premiati.
2017 – Caso Igor: sul cd “killer di Budrio” Gabrielli dichiarò roboante “Stiamo facendo un grande sforzo per prenderlo” ma, oltre a non riuscire a catturarlo nonostante le ingenti risorse impiegate e i millantati contatti internazionali, se lo sono pure fatto sfuggire ‘in bicicletta’ con la quale sarebbe arrivato indisturbato in Spagna uccidendo ancora, prima di essere finalmente arrestato dalla Polizia locale. Nel frattempo Giannini veniva giustamente promosso dirigente generale.
2017 – Depistaggio omicidio Alpi-Hrovatin: La Corte di Assise di Perugia ha annullato la condanna a 26 anni di carcere per Hashi Omar Hassan (uscito dopo 17 anni e per questo indennizzato per ingiusta detenzione), facendo esplicito riferimento al “depistaggio di ampia portata” di cui fu protagonista anche Giannini che arrestò il somalo, in base alla testimonianza di tale Ali Ahmed Rage detto Gelle che, subito dopo la deposizione alla Digos di Roma, fuggì all’estero, in Inghilterra, dove poi fu trovato nel 2016 dai giornalisti di “Chi l’ha visto?”, cui ammise di essere stato pagato per accusare ingiustamente Hassan dell’omicidio Alpi-Hrovatin.
2017 – Default di piazza San Carlo a Torino: Gabrielli aveva appena sfornato una circolare “ad hoc” sulla sicurezza degli eventi in piazza e al primo importante appuntamento a Torino succede tutto ciò che non avrebbe mai dovuto succedere; con un bilancio finale di 3 morti e oltre 1672 feriti, sotto gli occhi del Questore/uomo di fiducia fresco di nomina da parte di Gabrielli che, appena viene indagato lo fa promuovere prefetto, nonostante l’evidente inadeguatezza/omissiva della sua “performance”, tanto che poi è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione.
2018 – Caso Occhionero: erano i due fratelli indagati per aver messo a rischio la riservatezza/sicurezza di alte cariche dello Stato, all’insaputa di Giannini e Gabrielli che, per ritorsione, ha rimosso “tout court” il responsabile dell’indagine – sino al giorno prima considerato un ‘superpoliziotto’ – in base all’assunto che il Capo della Polizia deve essere sempre tempestivamente informato di tutte le indagini in corso in tutto il Paese; pretesa che essendo anti-costituzionale, in quanto evidentemente viola il principio della divisione dei poteri oltre che l’intangibilità del segreto istruttorio, ha subito indotto CSM (cui Gabrielli intimò “mi avete offeso”) e Procuratori della Repubblica mai così uniti, a ricorrere alla Corte Costituzionale che ha dato loro ovviamente ragione.
2018 – Commissariato ‘anti fake’: in piena campagna elettorale Gabrielli presenta in pompa magna il servizio rafforzato che si sarebbe dovuto occupare di verificare la veridicità o meno delle notizie pubblicate dai social-network; ciò che determina un j’accuse generalizzato che parla di “censura di polizia”, sino alla bocciatura anche dell’ONU: “No alla Polizia che dice ‘vero o falso’, come fosse l’arbitro della verità sul web: ‘Pericolo per la democrazia’”.
2019 – Connivenze con sistema Montante: solo dopo la clamorosa condanna del Questore di Vibo Valentia a 1 anno e 4 mesi per rivelazione di notizie riservate, Gabrielli lo ha dovuto rimuovere dall’incarico “parcheggiandolo” a Roma; ma nel frattempo, nonostante avesse appreso che come dirigente dello SCO (Servizio centrale operativo della Polizia di Stato) fosse tra gli indagati del sistema Montante, anziché destinarlo ad incarichi defilati in attesa di giudizio, lo fece prima promuovere dirigente superiore, poi nominare appunto questore di Vibo Valentia, proprio in una zona ad alta intensità criminale.
2019 – Bavaglio social: Gabrielli il ‘democratico’ rispetto ai suoi predecessori, emana una circolare per limitare la libertà di manifestazione del pensiero dei poliziotti sui social, che sempre più spesso si lamentano in merito alle pessime condizioni in cui sono costretti a lavorare, tra scarsa sicurezza, materiale inadeguato, poche risorse, addestramento insufficiente e la triplicazione dei suicidi tra le Forze dell’ordine, causati in gran parte da un disagio organizzativo ormai sotto gli occhi di tutti.
2020 – Vergognose promozioni: tra i questori e vice questori promossi nell’ultima tornata da Gabrielli, ci sono anche due condannati in via definitiva per i falsi e gli abusi del G8, nonché il cd ‘questore spezzabraccia’ responsabile di una serie di cruenti episodi di ordine pubblico, assurti alla ribalta della cronaca tra il 2012 e il 2017; nonostante proprio Gabrielli avesse fatto ammenda sui fatti del G8, dichiarando pubblicamente che a Genova nel 2001 “ci fu tortura” e che nei panni dell’allora Capo della Polizia De Gennaro “mi sarei dimesso”; da cui le dichiarazioni-squarcio del presidente di Amnesty, che si è spinto a “dubitare che le intenzioni siano sincere”.
2021 – Sequestro Shalabayeva – Viene pubblicata la sentenza con cui il Tribunale di Perugia ha condannato a 5 anni, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, alti dirigenti della Polizia di Stato, tra cui gli allora capi della Squadra mobile e dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma, che per anni sono stati resi intoccabili da Gabrielli, nonostante pendessero sulle loro teste accuse gravissime da parte delle due Procure che li avevano indagati, del GIP che li aveva rinviati a giudizio.
Giannini viene citato nella sentenza per ben 17 volte, tra le quali spiccano le sue dichiarazioni che scaricano le responsabilità sugli altri colleghi smentendoli e sminuendo il suo ruolo; mentre la DIGOS da lui diretta ha avuto un ruolo talmente centrale che viene citata ben 90 volte nella sentenza anche perché il Vice di Giannini ha partecipato alla perquisizione e al sequestro; fermo restando che solo un’adeguata attività info-investigativa propria della Digos, avrebbe potuto far ritenere illegittima l’operazione di “rendition” in atto e doverosamente interromperla.
Giannini un mese dopo è stato promosso dirigente superiore scavalcando decine di colleghi, visto che su 20 posti disponibili lui è saltato dalla 65^ alla 20^ posizione in graduatoria, così lanciandosi verso il vertice della pubblica sicurezza…
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